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New York prima, poi, tra il 1966 e il 1967, l’Europa e poi ancora New York e gli Stati Uniti, sono i set in cui Joel Meyerowitz ha praticato, da pioniere e presto da maestro, la street photography: prima solo in bianco e nero poi, sempre più spesso, a colori, e infine, dal 1972, solo a colori, in un tempo in cui questa scelta sembrava incompatibile con la «grande» fotografia.
Meyerowitz (nato nel 1938 a New York, dove vive tuttora, trascorrendo però lunghi periodi in una proprietà nel Senese) è il protagonista a Milano, da Leica Galerie, della personale «Joel Meyerowitz. Leica Hall of Fame 2016» (fino al 2 aprile), curata da Karin Rehn Kaufmann con l’adattamento di Denis Curti e Maurizio Beucci.
Due i suoi maestri dichiarati: Robert Frank e Eugène Atget («Nel pantheon dei grandi c’è Robert Frank e c’è Atget»), il primo dei quali, nel 1962, fece scattare in lui la molla che lo indusse a lasciare il lavoro da art director in un’agenzia pubblicitaria per dedicarsi alla fotografia. Con tanto successo, da entrare nelle collezioni di musei come il MoMA e, dal 2016, nella Leica Hall of Fame, dopo essere stato il primo fotografo ammesso a Ground Zero con accesso illimitato, subito dopo la tragedia.

Joel Meyerowitz, «Florida 1967». © Joel Meyerowitz
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