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La stanza di Enrico Tealdi. Foto: Fabio Oggero

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La stanza di Enrico Tealdi. Foto: Fabio Oggero

La restituzione di Villa San Quirico

Il gran ballo dell’arte contemporanea abita per tre giorni antichi spazi torinesi

Olga Gambari

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Villa Sanquirico a Torino è una mostra già di per sé, o meglio, un museo, un grande racconto dove Storia e storie di incrociano. Costruita alla fine dell’Ottocento, è uno splendore architettonico liberty, magnificamente conservata e restaurata. E sta lì, vuota, eppure piena, come se le stanze sgombre contenessero molti immaginari, molte memorie in sospensione.

Attorno ha il suo parco cittadino, un ritaglio nel cuore della città, a due passi dal Parco del Valentino, un gioco di rimandi tra verde, ombre e umori. Per una scelta della proprietà, la villa torna ad appartenere al tempo contemporaneo di Torino, rientra in un flusso sociale grazie all’arte. È una restituzione.

Ogni stanza ospita un artista, con installazioni dove si mescolano i linguaggi e i materiali, le generazioni e gli stili. Opere site specific riabitano lo spazio, dialogano con la sua storia e i suoi spazi, creando altre suggestioni, altre possibili storie. Pian piano nelle settimane la villa ha ripreso vita, le ipotesi, i sopralluoghi, le opere che arrivano, si confrontano, cambiano posizione, poi la trovano ed ecco che sembra che lo spazio diventi molto altro, rievochi molto altro, in un impasto sensoriale e suggestivo indecifrabile.

Una di seguito all’altra, in queste sale che parlano di pranzi, salotti, notti, studi, cucine, balli, bagni, le installazioni hano trovato collocazione come se fossero sempre state lì: all’interno ma anche all’esterno, nel parco e nel giardino, tra gli alberi, nella serra. È una piccola magia aggirarsi in questa casa abitata da opere. Una piece teatrale incantata, che durerà il battito d’ali di una farfalla, tre giorni, poi scomparirà, come i sogni all’alba.

Senza cercare autorevolezze forzate in tematiche, testi critici, cornici e titoli. Bastano le opere, gli artisti, che, anche in questo caso, vanno sempre un po’ più avanti degli altri, entrano ed esplorano, cercano e danno voce, immagine. Ascoltano e raccontano al pubblico. Venerdì 5 novembre il pubblico è invitato a questo gran ballo dell’arte contemporanea: è una festa che celebra anche un ritorno alla vita collettiva, non solo quella di Villa Sanquirico, che ne diventa metafora. La festa evoca una spensieratezza leggera che sicuramente la villa ha conosciuto i tempi andati e che oggi diventa un nuovo capitolo.

Nelle sale della Villa, si incontrano le grandi carte di Nicola Bolla, una pittura in transito tra figurazione e astrazione, dalle evanescenze luminose e cangianti. Una memoria e una percezione liquida, in dissolvenza, che accomuna anche i piccoli ritratti delle statue di Enrico Tealdi, testimoni di un tempo proustiano che si è depositato sulla loro pelle e ne marezza l’epidermide lapidea.

Gli scambi di riflessi dell’installazione di Laura Pugno creano un paesaggio immaginifico, stratificato da immagini che si sovrappongono tra interno ed esterno, dimensioni osmotiche su cui indugia anche lo sguardo di Gosia Turzeniecka, che riporta scorci e dettagli della casa fissandoli in ritratti a china su lunghe carte. Pittura e performance insieme. Di carta anche il corpo dei libri (pagina, parola, volume e copertina) che diventa materiale plastico e concettuale nelle opere di Marco Cordero, un calco reale e poetico dell’umanità che in quei libri ha impresso e ricevuto forma.

Nicola Ponzio crea una tavolozza cromatica con una grande installazione di pittura astratta, dove oggetti in vetro d’uso comune sono pennellate ideali di colore puro. Oggetti trovati sono anche quelli rinvenuti da Francesco Pergolesi in mercatini dell’usato in Europa alla fine della giornata, quando rimanevano i resti di cose invendute, rotte, lasciate a terra, fotografate sull’asfalto come composizioni informali. Reperto del tempo è anche un comodino del secolo scorso che Daniele D’Acquisto pone al centro della sua installazione, avvolta da stringhe di legno, nastri che sembrano propagarsi e correre nello spazio.

Così, si espande sulle superfici della stanza il nuovo progetto installativo di Studio Nucleo, una decostruzione cubista aperta a continue ridefinizioni. Sono scatole preziose le fotografie di Maura Banfo: racchiudono tracce di vite passate e hanno il mare dentro, diventano archetipi del destino nel confronto con delicati disegni su carta carbone ispirati ai tarocchi. E nero è anche il grande teschio di Paolo Grassino, una sorta di memento mori che accoglie nell’atrio d’ingresso della casa, mentre sopra, nello spazio della tromba delle scale, un’infilata di bandiere colorate di Laura Pugno evoca una natura alpina d’alta quota, facendo alzare lo sguardo verso un altezza ideale.

Fuori, nel parco, alcune installazioni en plein air si mimetizzano con la natura e il suo incanto. Le sculture poetiche e giocose di Jessica Carroll con la sua natura fiabesca e vitale, i cervi di Paolo Grassino dalla bellezza affascinante e misteriosa, poi la serra, scrigno magico illuminato, dove vivono le creature di Enrica Borghi dalla delicata trasparenza plastica e il nido di Maura Banfo. Un gigantesco pop corn in marmo di Fabio Viale propone un invito a una leggerezza pop giocando, quasi un ossimoro, sull’enorme peso della scultura stessa. Per info e prenotazioni eventi@villasanquirico.it.

La stanza di Enrico Tealdi. Foto: Fabio Oggero

La stanza di Laura Pugno. Foto: Fabio Oggero

Il grande teschio di Paolo Grassino nell’atrio di ingresso. Foto: Fabio Oggero

Olga Gambari, 05 novembre 2021 | © Riproduzione riservata

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La restituzione di Villa San Quirico | Olga Gambari

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