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Particolare del «Ritratto di giovane uomo con lucerna» di Lorenzo Lotto, 1506, Vienna, Kunsthistorisches Museum

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Particolare del «Ritratto di giovane uomo con lucerna» di Lorenzo Lotto, 1506, Vienna, Kunsthistorisches Museum

La grandezza di un ritrattista di provincia

Al Museo del Prado di Madrid e poi alla National Gallery di Londra una monografica sui ritratti di Lorenzo Lotto

Luana De Micco

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Madrid. La «scoperta» di Lorenzo Lotto si deve a Bernard Berenson e al suo volume Lorenzo Lotto. An Essay in Constructive Art Criticism del 1895. Prima che lo storico dell’arte, esperto di Rinascimento italiano, si appassionasse alla sua opera, l’artista veneziano (1480-1556/57) era rimasto per secoli una figura per lo più oscura. Berenson riteneva che «per capire bene il Cinquecento conoscere Lotto è importante quanto conoscere Tiziano». Di Lotto colse la singolarità dei ritratti: «Come ritrattista eguaglia i massimi del suo tempo e talora, sosteneva il critico, li sorpassa».

Al Lotto ritrattista è dedicata la prima grande monografica, «Lorenzo Lotto. Retratos», organizzata dal Museo Nacional del Prado dal 19 giugno (fino al 30 settembre) in collaborazione con la National Gallery di Londra (dove sarà allestita dal 5 novembre al 10 febbraio 2019). «La mostra si propone di raccontare al pubblico internazionale in cosa consiste la grandezza e la diversità di Lotto ritrattista. La selezione è stata molto rigorosa, evitando opere di qualità minore, in stato di conservazione mediocre e con eventuali interessi commerciali sottesi.», ha spiegato Enrico Maria dal Pozzolo, docente all’Università di Verona, che ha curato la rassegna insieme a Miguel Falomir, conservatore al Prado.

Il pittore «nomade» lavorò da Venezia a Bergamo, da Roma a Ancona. Un’opera sviluppata su cinquant’anni che la mostra ripercorre in 38 pitture e 10 studi preparatori (raramente esposti). Numerosi i prestiti di istituzioni italiane. Tra questi, la «Pala del Lotto», opera del 1506 che raffigura l’Assunzione della Vergine, conservata alla Cattedrale di Asolo. Da Treviso è partito il «Ritratto di frate domenicano» del 1526. Degli Uffizi è il «Ritratto di giovane» del 1512-13.

È allestita anche una selezione di oggetti d’epoca, una balestra, un rosario, dei libri, analoghi a quelli che figurano nei quadri: «La particolarità dell’esibizione, ha aggiunto dal Pozzolo, sta nell’autentico lavoro di ricerca, che si è concentrato sulla dimensione sociale e materiale espressa dai ritratti». Berenson definì Lotto il «primo ritrattista moderno» perché per primo si interessò agli stati d’animo dei suoi modelli. Inserì nelle sue composizioni oggetti che servivano a definirne lo status e la personalità. Inventò il ritratto «matrimoniale». «Lotto seppe elaborare una visione molto originale, alla quale ha voluto rimanere coerente per tutta la vita, ha precisato dal Pozzolo. Fu un pittore provinciale, non per mentalità o per doti, ma perché si mosse più a suo agio in provincia. Vi trovò quegli spazi che gli consentirono di esprimere la sua vena peculiare in piena libertà: ne sortirono alcune delle invenzioni più innovative dell’intero Cinquecento europeo».

Particolare del «Ritratto di giovane uomo con lucerna» di Lorenzo Lotto, 1506, Vienna, Kunsthistorisches Museum

Luana De Micco, 18 giugno 2018 | © Riproduzione riservata

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La grandezza di un ritrattista di provincia | Luana De Micco

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