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Clément Cogitore, «Ferdinandea, Nous étions devenu un peuple», 2022

© Clément Cogitore

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Clément Cogitore, «Ferdinandea, Nous étions devenu un peuple», 2022

© Clément Cogitore

Ferdinandea, l’isola che non c’è di Clément Cogitore

Al Mucem di Marsiglia l’artista francese presenta una versione più politica ed esistenziale della mostra presentata al Madre di Napoli nel 2022

Luana De Micco

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Clément Cogitore porta al Mucem, il museo marsigliese delle civiltà mediterranee, il suo progetto «Ferdinandea, l’isola effimera», ispirato all’improvvisa comparsa nell’800 di uno scoglio vulcanico nel Canale di Sicilia e scomparso pochi mesi dopo, in una versione rivisitata e più ampia di quella presentata al Museo Madre di Napoli nel 2022. Rispetto alla mostra napoletana, questa del Mucem (dal 10 dicembre al 17 maggio 2026 negli spazi del Fort Saint-Jean) introduce infatti un sostanziale cambio di prospettiva, più politico ed esistenziale che archeologico o mitico: la curatrice Kathryn Weir, direttrice del Madre dal 2020 al 2023, ha spiegato di aver voluto «rileggere il progetto dal punto di vista della storia coloniale francese e delle aspirazioni imperiali del 1830, dopo l’invasione di Algeri». A questo si aggiungono sette nuove opere di Clément Cogitore (nato a Colmar, in Francia, nel 1983), acquisite dal Mucem e mai esposte in Francia. 

Il punto di partenza è dunque un episodio reale: nel 1831, a seguito di un’eruzione sottomarina nel Canale di Sicilia, di fronte alle coste della Tunisia, emerse un isolotto, il cui territorio fu ben presto conteso tra Francia, Regno Unito e Regno delle Due Sicilie. Il nome che gli fu dato rinvia a Ferdinando II di Borbone, all’epoca re delle Due Sicilie, Appena sei mesi dopo, l’isola fu di nuovo inghiottita dal mare e scomparve. 

L’artista scoprì la vicenda in un volume di Salvatore Mazzarella del 1980 dedicato all’isola. Da quella lettura nacque un’indagine durata anni, portata avanti tra Napoli, Parigi, Londra e Berlino, sulle tracce di reperti geologici e la lettura delle carte nautiche. «Ho subito sentito che questa storia, in cui si mescolano fenomeni naturali, spedizioni scientifiche, propaganda imperialista e credenze popolari, dovevo esplorarla a modo mio, ha spiegato Cogitore. Questo territorio impermanente, segnato da apparizioni e sparizioni, soggetto ai capricci dei vulcani e alla volontà di appropriazione degli imperi, mi è sembrata una metafora non solo delle logiche assurde e coloniali che prevalgono nella geopolitica, ma anche di un enigma irrisolto: come abitare la Terra». 

Il progetto si presenta come un corpus di opere, serie fotografiche incise su vetro, documenti d’archivio, mappe, gouache, incisioni ottocentesche, rapporti di geologi e marinai, che ruota intorno a installazioni video: «Ferdinandea: Prémonitions», in cui si evocano i presagi dell’eruzione del 1831 tra visioni oniriche, voci popolari e documenti storici; «Ferdinandea: Vigilances», che documenta la missione oceanografica contemporanea in cui è stato installato un sismografo sul fondale dove giace l’antica isola; fino al film centrale della mostra, «Ferdinandea: Incertitudes», in cui Cogitore immagina gli scenari futuri. La possibilità di riemersione dello scoglio vulcanico, «una terra di nessuno», riattiva tensioni contemporanee, le contese geopolitiche, il dominio sulle risorse, la gestione dei flussi migratori, la vulnerabilità degli ecosistemi, incarnando l’instabilità del mondo contemporaneo. Cogitore, «artista multidisciplinare, spiega il museo, immagina un mondo in cui diversi futuri sarebbero possibili, interrogandosi necessariamente sulla costruzione del comune (mediterraneo)». Ferdinandea diventa una parabola sulla fragilità del presente

Clément Cogitore, «Ferdinandea; Premonitions» 2022. © Clément Cogitore

Luana De Micco, 09 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

Ferdinandea, l’isola che non c’è di Clément Cogitore | Luana De Micco

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