Jennifer Flay, direttrice della Fiac

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Jennifer Flay, direttrice della Fiac

La «douce Fiac» delle italiane: sale a 19 il numero delle nostre gallerie

Per la direttrice Jennifer Flay i galleristi italiani «sono eccellenti ambasciatori dell’Italia»

Luana De Micco

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Innovativi o più tradizionali, i galleristi italiani hanno convinto il comitato di selezione della fiera parigina di arte contemporanea con progetti forti e di qualità. «Sono eccellenti ambasciatori dell’Italia», conferma la direttrice Jennifer Flay. 

La 45ma edizione della Fiac-Foire internationale d’art contemporain si svolge dal 18 al 21 ottobre nella consueta sede del Grand Palais. Quest’anno la rassegna accoglie 193 gallerie d’arte moderna, contemporanea e design da 27 Paesi (Grecia, Irlanda e Perù per la prima volta). Sono presenti i principali galleristi parigini, tra cui Thaddaeus Ropac e Templon. Perrotin porta in fiera le fotografie di J.R. e i lavori di Leslie Hewitt e Chen Fei; Kamel Mennour i «Mirror» di Anish Kapoor; Karsten Greve propone Giorgio Morandi e Pierre Soulages. Non mancano Gagosian, Lisson e White Cube.

Cresce la partecipazione italiana: da 19 gallerie contro le 13 dello scorso anno. Tornano la Galleria Continua che allestice «A sei mani» di Daniel Buren e Anish Kapoor; Tornabuoni Art che presenta opere di Fontana e Alighiero Boetti (mentre nella sua sede parigina sfodera una splendida retrospettiva di Alberto Burri); Giò Marconi con la monografica di Fredrik Værslev. E ancora: Alfonso Artiaco, Magazzino, P420, Spazio A. (che fa dialogare i lavori di Luca Bertolo e Esther Kläs), Mazzoleni, Cardi, Francesca Minini, Raffaella Cortese, Vistamare (che punta su Mimmo Jodice), Tucci Russo (che allestisce lavori di Giovanni Anselmo e Giuseppe Penone), kaufmannrepetto, ZERO... e Massimo De Carlo. Ci sono anche due straniere con sede italiana, Gavin Brown’s enterprise (New York e, Roma) e Victoria Miro (Londra e Venezia).

«La presenza italiana è importante perché i galleristi hanno proposto progetti forti, capaci di catturare l’attenzione del comitato di selezione tra le diverse centinaia che riceviamo. Se sono qui è perché sono considerati tra i migliori, spiega la direttrice della Fiac Jennifer Flay. Alcune sono gallerie influenti, come Tornabuoni e Continua, altre hanno un’offerta innovativa di punta, come Zero..., altre ancora fanno un lavoro di precisione estremo, come P420. Alcune forme d’arte in cui la fiera si radica sono nate in Italia, come l’Arte povera. Con i collezionisti italiani condividiamo la passione per l’Arte concettuale. L’Italia è sempre stata presente alla Fiac, anche prima che la fiera diventasse l’appuntamento di prestigio che è oggi. Bisogna dire che i vostri galleristi sono eccellenti ambasciatori per l’Italia!».

Il settore del design, tornato stabilmente dal 2017, presenta 5 gallerie, tra cui Patrick Seguin e Jousse Enterprise. Anche quest’anno la Fiac propone un percorso «Hors les Murs» tra i giardini delle Tuileries e la place Vendôme. La rassegna «On Site» investe il Petit Palais e l’avenue Winston Churchill con opere di Barry Flanagan, Takis, Gregor Hildebrandt. Una novità: per la prima volta, opere di Claude Closky e Isabelle Cornaro sono proiettate tutte le sere sulla facciata del Grand Palais, in collaborazione con Athem & Skertzo, con la tecnica del video mapping.

Presto la Fiac «migrerà» in altri spazi. Il Grand Palais chiuderà per restauro da inizio 2021 fino almeno alla primavera 2023. La fiera, insieme ad altri eventi, sarà accolta in un «Grand Palais effimero» sugli Champs de Mars, ai piedi della Tour Eiffel. Nel 2023, di ritorno sugli Champs-Elysées, la Fiac potrebbe proporre spazi più grandi agli espositori e accogliere fino a una ventina di gallerie in più.

Jennifer Flay, direttrice della Fiac

Luana De Micco, 17 ottobre 2018 | © Riproduzione riservata

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