Il tempio Virupaksha

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Il tempio Virupaksha

Il sito indiano di Hampi

Un osservatore privilegiato, Francesco Bandarin, scruta il Patrimonio Mondiale

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Francesco Bandarin

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Il sito indiano di Hampi, al centro dello Stato del Karnataka, nell’altopiano del Deccan, fu per oltre due secoli la capitale dell’Impero di Vijanagara (1336-1565), una delle principali formazioni statali dell’India tardomedievale. Questo impero si fondava sull’alleanza dei diversi regni indù della regione del Deccan, con l’obiettivo di contenere l’espansione dei sultanati islamici che avevano via via occupato la parte settentrionale e orientale del subcontinente.

Tutti i regni indù medievali del Deccan, tra cui l’Impero Yadava di Devagiri, la Dinastia Kakatiya di Warangal, l’Impero Pandyan di Madurai avevano subito, nel XIII e XIV secolo, attacchi continui da parte dei sultanati del Nord, fino all’invasione del principale Stato della regione, l’Impero Hoysala (1187-1343), da parte degli eserciti del sultano di Delhi, Mohammed bin Tughluq (1290-1351) e la distruzione del Regno Kampili nel 1327-28, ricordata per il suicidio collettivo di tutta la popolazione sconfitta.

Pochi anni dopo questi eventi, i due fratelli Harihara I e Bukka Raya I, comandanti militari dell’Impero Hoysala, fondarono l’Impero Vijanagara, avviando una serie di conquiste e riuscendo, nell’arco di pochi decenni, a creare un regno indù che comprendeva tutta la parte meridionale dell’India, inclusa l’isola di Sri Lanka. L’Impero Vijanagara divenne uno egli Stati più ricchi dell’India, basando la sua economia, oltre che sulla coltivazione di riso, grano e zucchero, su una vasta produzione di cotone che sosteneva un’importante industria tessile.

A questo si aggiungeva la produzione di spezie come il pepe, il cardamomo e lo zenzero, molto richieste dai principali mercati dell’epoca, dalla Cina fino a Venezia. Persino il viaggiatore veneziano Niccolò de’ Conti (1395-1469), che visitò Hampi nel 1420, espresse nelle sue cronache una grande ammirazione per la ricchezza di questo impero. Ciò nonostante, Vijanagara ebbe sempre una condizione di instabilità politica, con frequenti conflitti con gli Stati vicini e con i sultanati del Nord, e colpi di stato interni (1485 e 1505) che portarono per ben tre volte al cambiamento della dinastia regnante.

L’impero raggiunse il suo apogeo sotto il regno di Krishna Deva Raya (1471-1529), che condusse una serie di campagne militari vittoriose contro i vicini stati di Orissa e il Sultanato di Bahmani. Fu in questo periodo che l’Impero Vijanagara entrò in contatto con i Portoghesi, che avevano creato una colonia a Goa, con i quali si stabilirono accordi di enorme importanza per il commercio delle spezie dall’Oriente all’Europa.

La grande ricchezza consentì uno sviluppo straordinario delle arti e soprattutto dell’architettura, che raggiunse vette altissime e che influenzò lo stile di una parte importante dell’India. Lo stile architettonico di Vijanagara è basato fondamentalmente sulla fusione di elementi sviluppati dalle dinastie precedenti (principalmente la dinastia Chalukya, nel corso della quale si era sviluppato lo stile chiamato di Aihole-Pattadakal dal nome delle due città) ed è caratterizzato da un’ornamentazione complessa, da grandi piattaforme cerimoniali, dall’uso di tipologie di edifici a corte e a torre, realizzati in granito, materiale durevole e abbondante nella regione.

Hampi, la capitale dell’impero, fu il centro di questo grande sviluppo artistico e culturale. Al suo apogeo, era una città di enormi dimensioni, che gli storici stimano essere stata la seconda al mondo, dopo la Pechino dei Ming. Ancora oggi, dopo le grandi distruzioni subite, occupa oltre 40 chilometri quadrati e contiene non meno di 1.600 monumenti tra forti, complessi sacri, memoriali, palazzi, templi, stalle, strutture idrauliche, tutti costruiti tra il 1336 e il 1570. Il sito si articola in tre settori distinti: l’area sacra, che contiene i templi più antichi, il centro urbano o reale, con oltre sessanta templi, e il resto dell’area urbana.

La gran parte dei monumenti sono indù, anche se esistono alcuni templi della religione Jain e alcuni monumenti islamici. Il tempio più antico è il Virupaksha, ancora attivo come luogo sacro indù, caratterizzato da una grande torre piramidale con sculture erotiche. I grandi portali («gopuram») danno accesso a una corte rettangolare con oltre cento colonne decorate, e successivamente al tempio di Shiva, dove ampie pitture murali illustrano gli episodi della vita del dio. Templi sono dedicati a tutti gli dei dell’Induismo, da Khrisna, a Vishnu (Complesso dei templi di Pattabirama) e al suo avatar Rama (Tempio di Ramachandra).

Il tempio Vittala, nell’area sacra, è il più raffinato tra tutti: è al suo interno che si trova il celebre santuario di Garuda, una scultura di granito in forma di un grande carro (Râtha). Grandi spazi cerimoniali come la piattaforma Mahanavami, localizzati nel centro della città, servivano come luoghi di riunione e di udienza, e sono arricchiti di rilievi scultorei con processioni di animali e scene di celebrazioni religiose. All’interno di questo enorme impianto urbano si trovano anche dei sofisticati sistemi idraulici, basati su acquedotti e su vasti serbatoi di raccolta delle acque, accessibili con ingegnosi sistemi a gradoni, e vi sono anche stalle per elefanti, in uno stile sincretico indo-islamico.

Nel corso del XVI secolo, i continui conflitti con i sultanati islamici degenerarono in una guerra aperta e nel 1565, nella battaglia di Talikota, l’Impero di Vijanagara fu sconfitto da una coalizione di sultanati. Il re Aliya Rama Raya (1484-1565) fu catturato e decapitato e la città di Hampi venne completamente distrutta e saccheggiata, per essere poi abbandonata. Il sito venne riscoperto nel XIX secolo, con la colonizzazione inglese, divenne oggetto di ricerche e scavi e dal 1986 è nella Lista del Patrimonio Mondiale.

Il tempio Virupaksha

Il tempio Balakrishna

Il carro in pietra del santuario di Garuda

La piattaforma Mahanavami

I serbatoi a gradoni

Francesco Bandarin, 15 maggio 2021 | © Riproduzione riservata

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Il sito indiano di Hampi | Francesco Bandarin

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