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Il seno della violoncellista

Alla Collezione Maramotti pittura senza stampelle

Lucio Pozzi

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«Geometria e figurazione si intrecciano. Uno dei temi della mostra è il tempo della composizione delle pitture tanto quanto il tempo dello sguardo di chi guarda e ricompone il quadro nel proprio occhio, dove le immagini si rivelano gradualmente. Per alcuni di questi artisti la pittura è lo strumento principale, per altri uno degli aspetti della loro pratica». Sono alcune delle parole con le quali è stata presentata la mostra «Geometria figurativa» in corso fino al 2 aprile alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia: 9 artisti (Benning, Brown, Holst, Hughes, Jane, Janitz, Müller, Roggy, Tinkler) che operano in vari luoghi ma orbitano intorno a New York. Sono contento di leggere questi commenti di Bob Nickas, un critico molto hip che ha diretto la rivista «Index». Nickas legittima la pittura senza denigrare altre forme d’arte evitando le separazioni manichee che ancora dominano il mondicchio dell’arte. La visualità del linguaggio pittorico è qui sostenuta e resa finalmente indipendente dalle stampelle delle spiegazioni. Il curatore ha scelto gli artisti secondo il suo gusto e ne ha intessuto un nido interessante senza sostenere che sono né meglio né peggio di altri. Questa è la visione dell’arte che mi piace, che trascende le formule, soprattutto quella della novità apparente. Ognuno dei pittori insegue la sua chimera: chi si ispira ai tessili e chi all’inconscio, chi ai numeri e chi al gesto, chi al fascino dei materiali e chi al loro sgretolamento.
Il caso vuole che a New York sia appena stato tributato un omaggio alla vulcanica Charlotte Moorman (1933-91), alla New York University. La Moorman, arrivata a New York nel 1957 dall’Arkansas per intraprendere la carriera di violoncellista, si ritrova in compagnia di Yoko Ono, Simone Forti, David Tudor e John Cage. Nel 1963 fonda il Festival dell’Avanguardia. Lavora con Giuseppe Chiari. Poi incontra Nam June Paik con il quale inizia una lunga collaborazione. Lui le progetta un violoncello fatto di piccoli schermi televisivi. Lei si denuda il seno per suonarlo. Viene arrestata per indecenza. Persiste ed esplora con coraggio. Ora che per noi l’idea di avanguardia è divenuta un nicchia accademica come qualsiasi altra, è stimolante constatare la freschezza degli ultimi singulti dell’utopia della trasgressione. Sua compagna di viaggio in quegli anni era Carolee Schneeman (n. 1939), grande trasgressiva al punto che invece di rifiutare la pittura come facevano molti avanguardisti, la praticava e al contempo produceva azioni dirompenti, sovente interpretate come femminismo ante litteram. Scandalo fece l’azione nella quale estraeva dalla vagina un lungo straccio, simbolo di nascita e morte. La sua storia è stata raccontata dalla Galerie Lelong e dalla Ppow Gallery.
Da poco si è chiusa al MoMA un’immensa retrospettiva di Bruce Conner (1933-2008). Conner si sentiva a disagio con il mondo dell’arte. Avere un'antologica in un museo, diceva, per lui corrispondeva a entrare in una bara. Pittore, filmaker, assemblagista, raffinato ma sarcastico collagista, jazzista, azionista beat, ha fatto di tutto. Lavorava sotto molti pseudonimi. Evitava il mondo dell’arte e la possibilità di fama che lo disorientavano. Disegnava con lentezza assoluta delle composizioni mistiche a puntini d’inchiostro. Ne vedi una e non smetti di guardarla. A tanti anni di distanza si riallacciano alle intense pitture di Richard Tinkler esposte alla Collezione Maramotti.

Lucio Pozzi, 08 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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