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«Insetti e testa di un dio del vento» di Joris Hoefnagel, New York, Metropolitan Museum of Art. Courtesy Metropolitan Museum of Art, New York

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«Insetti e testa di un dio del vento» di Joris Hoefnagel, New York, Metropolitan Museum of Art. Courtesy Metropolitan Museum of Art, New York

Il Rinascimento di Bernard Aikema non era italocentrico

Vasari e l’Italia non sono più l’unica voce e l’unico modello per leggere il Rinascimento: c’è tutta l’Europa e molto era stato trascurato. Per esempio la centralità degli Asburgo

Arabella Cifani

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Bernard Aikema è uno dei più illustri storici dell’arte europei, specializzato in storia della pittura e del disegno norditaliano fra Quattrocento e Settecento, conoscitore della pittura veneta rinascimentale e, più in generale, del Rinascimento europeo. Schivo e riservato, lascia parlare i suoi libri e i suoi saggi. Questa intervista è un’eccezione in occasione dell’uscita del suo ultimo libro dedicato ai Rinascimenti in Europa 1480-1620. In una piacevole conversazione ha segnalato i punti salienti di un volume tra i più importanti editi ultimamente, destinato a divenire un classico sul tema.

Professor Aikema, perché ha scritto questo libro?
Avevo già curato per il Gruppo 24 ore Cultura la mostra «Dürer e il Rinascimento. Tra Germania e Italia» a Palazzo Reale di Milano nel 2018. Un tema che è sempre stato centrale nei miei interessi. Dopo quella collaborazione mi è stato commissionato un libro più ampio sul problema della «mobilitas» nel Rinascimento. Anzi, di libri ne ho progettati due: quello di cui stiamo parlando e un secondo, in avanzata fase di lavorazione, che sarà dedicato alla «curiositas».

Cosa intende per mobilitas?
La mobilitas è il fulcro di questo primo libro. Tra Quattro e Seicento in tutta Europa cambiano le cose e si aprono nuove finestre. Nel Medioevo gli artisti erano stanziali e locali, nel XVI secolo tutto muta e si accende una curiosità generale. È il secolo dei grandi regni, si creano circolazioni culturali nuove e gli orizzonti si ampliano grazie alla scoperta dell’America.

Il libro appare provocatorio fin dal titolo.
La tradizione identifica il Rinascimento con l’idea vasariana di un’epoca in cui rinasce lo splendore dell’antichità classica, ma a mio parere è un concetto limitante. Credo che in tutta Europa nel Cinquecento si verifichi un cambiamento paradigmatico e il mio libro vuole essere un testo di geografia dell’arte, sulle idee e forme nuove che circolano fra Italia, Francia e Germania. La novità è un approccio diverso al Rinascimento fra centro e periferie. I centri sono Firenze, Venezia e Anversa, e io indago come si comportano e si relazionano con le periferie degli imperi e dei regni.

Quindi il suo Rinascimento non è solo italiano.
No. Il concetto italocentrico è quello secondo il quale l’arte nuova si sarebbe irradiata dall’Italia a tutta l’Europa. Io non sono d’accordo. L’Italia ha ovviamente un peso importantissimo, ma non è l’unica.

Vasari dunque è superato?
Certamente e non esistevano solo pittura, scultura e architettura, anzi. Gli arazzi, ad esempio, nell’epoca rinascimentale erano molto più importanti dei quadri e molto più costosi. E le incisioni? Hanno fatto circolare una quantità di idee e di spunti veramente straordinari.

Anche le illustrazioni del libro non sono casuali.
Sì, sono la mia dichiarazione di intenti e certamente non sono quelle che ci si aspetterebbe di trovare in un libro sul Rinascimento. Ho cercato e studiato cose e concetti inaspettati.

Ad esempio?
L’arte alpina. Le Alpi sono trascurate dalla storiografia artistica e non è giusto. Erano un luogo di grande dinamismo culturale.

A chi è destinato il libro?
Avevo un progetto ambizioso e non l’ho realizzato scrivendo le classiche 600 pagine destinate a pochi specialisti. Mi sono limitato a 260 pagine (compresi foto, indici e bibliografia) e ho dovuto fare delle scelte precise. Così il libro, mi pare, è diventato leggibile, adatto a un pubblico intelligente e informato e conto che possa divenire un manuale universitario da usare in modo molto pratico.

Quali reazioni si aspetta? Cambierà qualcosa?
Il volume è portatore di una visione culturale alternativa importante, che va contro le solite stantie e noiose ripetizioni di concetti. Il Rinascimento mi va stretto, almeno quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi. La circolazione rinascimentale della cultura e dell’arte avviene sui binari dei grandi regni, Asburgo in primis. Gli Asburgo sono il fenomeno centrale del Rinascimento e da loro vengono le maggiori novità. Questo è il motivo per cui troverete nel libro le immagini del dipinto di Tiziano con «Carlo V a cavallo» conservato nel Museo del Prado e immagini dell’Escorial, del Residenz Antiquarium di Monaco di Baviera, gli arazzi di Pieter Van Aelst del Palazzo Reale di Madrid o il confronto, molto di punta, fra Venezia e Anversa, senza dimenticare Bruges e Gand. La mia è stata una lettura dell’arte europea policentrica e dinamica, che ha voluto evidenziare la pluralità di idee e di forme artistiche e la loro diffusione in un’epoca di profondi cambiamenti. Noi continuiamo a considerare il Rinascimento come un’epoca esemplare nella storia della civiltà visiva (e non solo) del continente e, per certi versi, del mondo. È certamente vero, ma è ora di aprire le finestre e gettare uno sguardo nuovo su tutto il Kunstlandschaft, il paesaggio artistico di quel tempo.

«Insetti e testa di un dio del vento» di Joris Hoefnagel, New York, Metropolitan Museum of Art. Courtesy Metropolitan Museum of Art, New York

Bernard Aikema nel Palazzo Reale di Madrid nel 2018

Arabella Cifani, 27 agosto 2022 | © Riproduzione riservata

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