Il punto giusto di bianco di San Pietro

Con la pulitura del tamburo termina la rimozione della fuliggine «moderna» sul Cupolone

Il tamburo della cupola della Basilica di San Pietro avvolto dai ponteggi. Foto: Luca Virgilio. © Per gentile concessione della Fabbrica di San Pietro
Arianna Antoniutti |  | CITTÀ DEL VATICANO

Nel settembre 2019 il tamburo della cupola di San Pietro è stato cinto da alte impalcature finalizzate a lavori di restauro. Il cantiere, chiuso in marzo a causa del lockdown, ha ripreso nel mese di maggio. Ce ne illustra finalità e tempistiche Luca Virgilio, architetto della Fabbrica di San Pietro.

Perché si è reso necessario intervenire sul tamburo?
Il restauro del tamburo della grande cupola vaticana conclude un importante e impegnativo percorso conservativo che ha interessato tutti i prospetti esterni di San Pietro. In occasione del Giubileo del 2000 fu restaurata la facciata della Basilica, poi iniziammo nell’aprile del 2007 con il prospetto sud, ovest e nord, fino al restauro delle due cupole minori, Gregoriana e Clementina, concluso nel 2019. Fino ad oggi la superficie complessiva di travertino oggetto di lavori è stata di oltre 35mila metri quadrati. Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno del cardinale Angelo Comastri, presidente della Fabbrica di San Pietro, che in questi anni ha trovato generosi benefattori. In particolare la programmazione dell’intervento sul tamburo della grande cupola è stata pianificata grazie al sostegno di Intesa San Paolo.

Il progetto di conservazione dei paramenti in travertino del tamburo e di tutto il perimetro esterno della Basilica è nato e si è sviluppato con l’intento di soddisfare una duplice esigenza di carattere estetico e funzionale. Il primo obiettivo è quello di restituire alla complessa articolazione architettonica del manufatto cinquecentesco «l’antico splendore» attraverso una scelta calibrata del «punto di pulitura», senza sbiancare completamente la superficie lapidea ma conservando sull’opera la preziosa patina storica.

È evidente che la scelta del «punto di pulitura» rappresenta il fulcro di tutto l’intervento, poiché da esso si dà origine alla nuova veste del manufatto, che apparirà ai nostri occhi una volta concluso il lavoro. Oggi ampie superfici dell’articolazione architettonica del tamburo appaiono completamente offuscate, illeggibili a causa dello spesso strato di «fuliggine moderna» che il trascorrere del tempo ha depositato sulla pietra. A San Pietro ogni singola modanatura architettonica è una scultura; gli autori, Michelangelo e Giacomo Della Porta, hanno impresso nel disegno di ogni forma, gole, scozie, tori, ovoli, gusci, dentelli, capitelli, un modellato estremamente accentuato affinché, in ogni condizione di luce, e a qualsiasi distanza le si guardasse, esse risaltassero in un vibrante gioco di luci e ombre.

Il secondo obiettivo, di carattere funzionale, è legato soprattutto alla necessità di ripristinare le caratteristiche meccaniche di efficienza e sicurezza della pietra che ne costituisce l’architettura, allo scopo di prevenire e rallentare il processo di degrado del manufatto, e soprattutto per evitare pericolosi incidenti causati dal distacco e dalla caduta di frammenti di pietra dall’alto.

Tutto il nostro lavoro è stato preceduto e accompagnato da una scrupolosa ricerca storico-critica e documentaria che ha permesso, anche attraverso numerosi approfondimenti di carattere tecnico-scientifico, la conoscenza di inediti aspetti architettonici e dimensionali del manufatto. Per esempio, attraverso l’esecuzione dei rilievi eseguiti con il laser scanner si è arrivati a produrre una documentazione grafica mai realizzata prima, che ci ha consentito di comprendere meglio la complessa e articolata struttura architettonica progettata fin nei più piccoli dettagli da Michelangelo, Giacomo Della Porta e Carlo Maderno, ripercorrendo l’atto finale del processo mentale degli autori da cui sono scaturite forme e proporzioni
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Quali sono le tappe dei lavori?
Considerate le grandi dimensioni del manufatto, l’intervento di restauro è stato diviso in due lotti, ognuno dei quali comprende otto settori del tamburo. La parte orientale del tamburo, esposta verso piazza San Pietro e dunque visibile ai pellegrini e ai visitatori, sarà la prima a essere completata. Il cantiere di restauro prevede quattro anni di lavori salvo ulteriori imprevisti, due anni per ogni lotto.

Il tamburo era già stato sottoposto a restauri nel corso dei secoli?
In realtà il tamburo non ha mai subito un vero e proprio organico intervento di restauro così come oggi è stato progettato. Va comunque sottolineato che, a causa di un vistoso quadro fessurativo che il manufatto subì fin dall’inizio della sua costruzione, il tamburo e la cupola in passato furono interessati da numerosi lavori di messa in sicurezza e consolidamento. Le cause che destarono preoccupazione riguardo alla stabilità della cupola furono attribuite all’assestamento strutturale causato dalla presa delle malte e dalla discontinuità del processo costruttivo, poiché la cupola e la lanterna furono completate da Giacomo Della Porta in soli ventinove mesi, lavorando a turni giorno e notte.

Già dalla prima metà del Seicento vennero espressi numerosi pareri sullo stato di salute della cupola, sull’evoluzione dei dissesti, nonché sulla descrizione dei lavori che si svolgevano per il suo restauro. In particolare dopo il tremendo terremoto del 2 febbraio del 1703, quando a Roma crollò una parte del Colosseo, e in seguito all’intensa attività sismica che si innescò in quegli anni, lo stato di conservazione della cupola si aggravò notevolmente. Cosicché nel 1740 papa Benedetto XIV Lambertini incaricò il marchese Giovanni Poleni, fisico padovano, di redigere un progetto di consolidamento del tamburo e della cupola. L’intervento, concluso nel 1744, fu realizzato mediante la messa in opera di sei nuovi cerchioni di ferro, sia sul tamburo sia sulla calotta esterna della cupola, in aggiunta ai cinque cerchi inseriti da Giacomo Della Porta durante la costruzione del suddetto manufatto
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È previsto anche un intervento sulla cupola michelangiolesca?
Forse non tutti sanno che la grande cupola del tempio vaticano, nel progetto di Giacomo Della Porta, doveva apparire d’oro e d’argento. Infatti Della Porta aveva pensato di ricoprire d’oro non solo la croce e il globo di bronzo posti sulla sommità della lanterna, così come appare ai nostri occhi, ma anche i sedici costoloni della cupola e della lanterna.

Fin dal 1594, prima della morte dell’architetto avvenuta nel 1602, l’intera calotta esterna della cupola era completamente ricoperta di piombo stagnato affinché assomigliasse al colore dell’argento, e nel 1602 risultavano dorati sette costoloni esposti verso Oriente, ben visibili da chi giungeva a San Pietro. Carlo Maderno non proseguì questo lavoro e ricoprì tutti i costoloni in piombo. Nel progetto di restauro attuale è prevista la revisione del manto di copertura in piombo, da svolgere con il personale specializzato in lavori su funi ad alta quota, nonché il restauro dei tre ordini di abbaini presenti sui sedici spicchi della cupola
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