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L’Arco di Tito a Roma durante il restauro

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L’Arco di Tito a Roma durante il restauro

Marmo luminoso e caldo travertino sull’Arco di Tito

Il restauro appena concluso del più antico monumento del Foro Romano, ora dotato anche di un nuovo sistema di illuminazione, ha svelato gli interventi ottocenteschi di Giuseppe Valadier

Arianna Antoniutti

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La luminosità del marmo pentelico e le tonalità calde del travertino ottocentesco sono state rivelate dal restauro dell’Arco di Tito, portato a compimento dal Parco Archeologico del Colosseo, diretto da Alfonsina Russo. Angelica Pujia, funzionario restauratore del Parco, ci illustra la storia del monumento e la metodologia dell’intervento effettuato. 

«L’Arco di Tito rappresenta il più antico dell’area archeologica del Foro Romano, venne eretto alle pendici del colle Palatino per celebrare il trionfo dell’imperatore Tito nella guerra giudaica del 70 d.C. e nel corso dei secoli è stato protagonista di vicende conservative affascinanti, le cui tracce ancora si leggono sulla sua superficie. Il fornice fu incorporato nel Medioevo nella Fortezza dei Frangipane, progressivamente liberato nei secoli a seguire, venne poi restaurato agli inizi dell’Ottocento da Giuseppe Valadier, in un celebre intervento che reintegrò le parti mancanti con il travertino. Il Parco Archeologico del Colosseo conduce un programma di monitoraggio e manutenzione programmata di tutti i suoi monumenti, che ha previsto, negli ultimi anni, gli interventi conservativi sull’Arco di Settimio Severo, sull’Arco di Costantino e, nel 2025, sull’Arco di Tito. Il restauro appena concluso ha consentito di tornare ad apprezzare le superfici originali del monumento, oltre ad assicurare la buona conservazione dei rilievi e dei materiali costitutivi, in particolare del marmo pentelico, che ne costituisce la parte più antica. Il restauro è stato guidato da principi di minimo intervento, sostenibilità ambientale e compatibilità dei materiali. La pulitura si è limitata all’uso esclusivo dell’acqua allo scopo di preservare le patine antiche presenti sulla superficie. È stato così possibile tornare a leggere la differenza tra il marmo pentelico, luminoso, della parte centrale e le tonalità calde del travertino ottocentesco, utilizzato da Giuseppe Valadier per riproporre le forme dell’esterno con un materiale simile ma non uguale all’originale. Per non privare i visitatori della visione dell’arco e dei suoi rilievi durante i mesi di lavoro, si è scelto di non montare ponteggi sulle facciate esterne, utilizzando al loro posto una piattaforma elevatrice». Quali sono le principali problematiche conservative del monumento? «L’Arco di Tito, prosegue Pujia, è collocato all’aperto in un contesto marcatamente urbanizzato: l’esposizione prolungata agli agenti atmosferici e all’irraggiamento solare costituisce uno dei principali fattori di degrado del monumento; inoltre, l’Arco, immerso in un parco urbano di oltre 40 ettari, subisce lo sviluppo di organismi vegetali che crescendo all’interno della pietra ne favoriscono la polverizzazione. Nel corso dell’intervento questi organismi sono stati rimossi e al contempo sono stati eliminati con l’uso del laser i depositi scuri presenti sulla superficie del marmo e dovuti all’inquinamento del passato. È stata inoltre verificata la stabilità della struttura e delle fessurazioni che percorrono l’Arco, segno visibile delle vicende conservative che lo hanno caratterizzato»

L’intervento di restauro si è concluso con la realizzazione di un nuovo sistema di illuminazione, come spiega Stefano Borghini, funzionario architetto del Parco: «Il restauro ha rappresentato l’opportunità di fornire l’Arco di un nuovo impianto di illuminazione per dare il giusto risalto alla struttura e agli straordinari rilievi che la decorano sui fronti e nel sottarco, come l’incedere del corteo trionfale e l’ascensione dell’imperatore in cielo, raffigurata al centro della volta. La sfida in questo caso è consistita nell’integrare un impianto tecnologico in un contesto monumentale complesso, senza intaccare le strutture antiche. Inoltre, a seguito dell’evento traumatico della scorsa estate, quando un fulmine colpì, danneggiandole, le strutture dell’Arco di Costantino, il Parco ha deciso di avviare l’installazione di una serie di sistemi parafulmine su alcuni dei suoi principali monumenti. Le attività conservative hanno costituito l’occasione per dotare uno dei monumenti più identitari del Foro Romano, con un sistema di protezione dalle scariche atmosferiche. L’intervento, ancora in fase di realizzazione, consentirà di scongiurare in futuro eventi traumatici derivanti dai sempre più estremi episodi meteorologici generati dal cambiamento climatico in corso». 

L’Arco di Tito dopo il restauro

Arianna Antoniutti, 08 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

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Marmo luminoso e caldo travertino sull’Arco di Tito | Arianna Antoniutti

Marmo luminoso e caldo travertino sull’Arco di Tito | Arianna Antoniutti