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La Chiesa di S. Antonio nella frazione di Rutte, in località Dolceacqua

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La Chiesa di S. Antonio nella frazione di Rutte, in località Dolceacqua

Il patrimonio artistico finora trascurato della Valcanale

In un territorio di circa 43mila ettari, al confine nordorientale con Austria e Slovenia, si sta lavorando al reintegro di opere restaurate nelle chiese storiche

Melania Lunazzi

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Al confine nordorientale d’Italia con Austria e Slovenia, le chiese e i manufatti artistici della Valcanale hanno subito per decenni un destino di dimenticanza e disinteresse da parte degli studi storico artistici, con la perdita di diverse testimonianze. Un oblio che si lega alle vicende storiche attraversate da questo territorio di circa 43mila ettari, rimasto per settecento anni (tra il 1007 e il 1759) sotto il potere politico e amministrativo del Vescovado di Bamberga (Franconia, Germania), poi passato all’Austria con una breve parentesi francese durante le campagne napoleoniche e infine diventato, dal 1915, terra italiana.

L’emigrazione delle popolazioni di lingua germanica e slava dai territori diventati italiani, iniziata dopo la Grande Guerra e proseguita con la forzata italianizzazione del fascismo, ha portato alla perdita della fetta di memoria storica e di cultura afferente all’area germanica, scindendo anche i legami con le opere a carattere sacro presenti nelle chiese distribuite sul territorio, nelle quali la popolazione di lingua italiana non si riconosceva. A questo si aggiunge il fatto che fino al 1918 gli studi realizzati erano solo in tedesco e dopo quella data gli studiosi di lingua tedesca hanno trascurato la Valcanale, divenuta sempre più radicalmente italiana specialmente dopo le Opzioni del 1939, che hanno assottigliato fino quasi a far scomparire del tutto le comunità di etnia tedesca.
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Negli ultimi anni si sta assistendo a un rinnovato interesse e a una riscoperta di tale patrimonio, a partire da puntuali campagne di restauro e studi incentrati soprattutto sulla scultura lignea tra Sei e Settecento con il coordinamento e la guida di Giuseppina Perusini. Due restauri in particolare hanno restituito nuova luce a sculture dimenticate, a Fusine in Valromana, ultima località prima del confine con la Slovenia, e a Rutte, piccolissima frazione al confine con l’Austria. A Fusine in Valromana, in località Stückl, hanno trovato nuova collocazione all’interno della Chiesa parrocchiale di San Leonardo Abate tre sculture lignee di epoca barocca riconducibili alla bottega dello scultore carinziano Johann Pacher (1699-1773). Le sculture, di elevata e raffinata qualità, provengono dalla cappella del settecentesco Castello di Stückl, andato distrutto nel 1961 a causa di un incendio.

Nel 2017 tre sculture lignee molto rovinate raffiguranti san Giovanni Nepomuceno, san Carlo Borromeo e sant’Ignazio di Loyola, sono state rinvenute nel campanile della chiesa nel 2017 e, grazie all’analisi di fonti e documenti e al raffronto con un’unica fotografia precedente l’incendio, Perusini le riconduce alla cappella del castello. Le tre sculture sono state accuratamente restaurate da Francesco Candoni nell’arco di quattro anni di lavori con il contributo di Fondazione Friuli, del Rotary Club Tarvisio, della marchesa Etta Carignani (discendente dei proprietari del Castello Stückl) e della locale parrocchia.

Nella frazione di Rutte, in località Oltreacqua, sorge isolata in un prato la piccola Chiesa di Sant’Antonio. All’interno un altare ligneo databile tra Settecento e Ottocento con una statua lignea seicentesca raffigurante sant’Antonio con Gesù Bambino. L’altare, che è risultato frutto di assemblaggio di altari differenti, e la scultura sono stati restaurati, ripuliti dalle superfetazioni e studiati. È emerso che il Sant’Antonio è l’unica statua sopravvissuta di tre, due delle quali, di maggiori dimensioni e di epoca posteriore identificabili anch’esse grazie a una foto degli anni Sessanta, sono state nel tempo depredate.

Melania Lunazzi, 31 gennaio 2024 | © Riproduzione riservata

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