Carlo Orsi

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Carlo Orsi

Il mercato antiquario secondo Carlo Orsi

Lo sguardo del mercante milanese sulla realtà italiana e internazionale

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Raggiungiamo Carlo Orsi (Milano, 1954) quand’è in partenza per Londra, per il primo, atteso viaggio dopo il lockdown. Con lui, che è uno dei più autorevoli antiquari italiani, molto noto sul piano internazionale, interlocutore com’è dei più importanti musei, parliamo dell’attuale situazione del mercato antiquario, dopo lo choc prodotto dalla pandemia.

Dottor Orsi, sta partendo per Londra: quali segnali arrivano dal mercato antiquario internazionale?

Purtroppo non posso ancora darle una risposta: siamo tuttora (a metà settembre, Ndr) nella pausa estiva e, come tutti gli anni, il mercato internazionale riparte con lentezza. Senza contare che nei mesi scorsi le fiere sono state cancellate e Frieze Masters è il primo appuntamento in presenza con l’antico: un messaggio positivo, al pari di quello di Art Basel, in cui tutti noi, antiquari e collezionisti, vogliamo credere, per reagire. Quanto a me, ci credo tanto che sto organizzando una mostra nella galleria di Londra, per la quale ho chiesto a Francesco Vezzoli di riflettere su due sculture barocche di mia proprietà. Ha concepito un’installazione molto interessante, «The Oedipus Complex». Divertentissimo, poi, il dialogo in catalogo tra l’artista e Andrea Bacchi, docente dell’Università di Bologna e direttore della Fondazione Zeri. E sebbene io sia ben conscio che non avremo visitatori da tutto il mondo, come accadeva un tempo, tuttavia tenevo a dare un segnale forte di ripresa.

E in Italia, ma più ancora a Milano, che atmosfera si respira?

Nel nostro mercato vedo un forte desiderio di andare avanti. Ci sono segnali che arrivano da mostre internazionali come quella di Botticelli a Parigi, e da aste importanti, in preparazione nelle maggiori case d’asta. Sì, il mercato si sta muovendo.

A Milano hanno appena inaugurato i loro nuovi spazi due gallerie antiquarie di grande caratura, come quelle di Maurizio Canesso e Maurizio Nobile. Come giudica il loro arrivo?

Si tratta di un segnale più che positivo: sono due cavalli di razza e la loro scelta è la dimostrazione di una volontà di essere presenti in una piazza molto importante qual è Milano che, ne sono certo, ripartirà con ulteriore energia. E non va dimenticato che la qualità e la bellezza possono fare solo bene.

A Milano e in Italia esistono ancora grandi collezionisti di arte antica? E i giovani mostrano interesse?

Continua a esistere uno zoccolo duro di appassionati che collezionano arte antica, sebbene ora si collezionino opere diverse rispetto al passato. Interloquisco spesso con persone che dimostrano un grande interesse e che potranno anche diventare degli acquirenti. Purtroppo noi antiquari siamo stati duramente colpiti dalla pandemia, perché ogni nostra opera ha delle peculiarità per le quali è fondamentale la visione diretta e il lockdown ha molto penalizzato il nostro settore. I giovani? sì, ci sono ma qui va detto che anche noi abbiamo notevolmente cambiato l’offerta, il dialogo, la relazione. Ci siamo evoluti in una direzione un po’ più attuale, meno «polverosa» direi: forniamo sempre informazioni dettagliate e usiamo strumenti di marketing, come Instagram e l’online, che ci hanno avvicinati a nuovi pubblici.

Dal consuntivo del primo semestre delle case d’asta italiane emerge che il mercato dell’arte va molto bene (in alcuni casi, meglio del periodo precedente la pandemia): è così anche per gli antiquari?

Di nuovo, non posso risponderle perché sarebbe prematuro ma, come tutte le situazioni di disagio, anche quella che abbiamo vissuto prelude certamente a un cambiamento e a una «sete» nuova. Il collezionista è notoriamente una figura compulsiva, e anche noi operatori aspettiamo con ansia questo momento, forti anche di tante novità che non abbiamo potuto mostrare nei mesi passati.

Di recente è scomparso Domenico Piva, figura di riferimento dell’antiquariato non solo milanese. Che eredità spirituale ha lasciato?

Era un grande gentiluomo e un antiquario raffinato, un cultore dell’arte lombardo-veneta, di cui aveva una conoscenza profonda. Ed era una persona di assoluta coerenza: anche a Maastricht, tempio dell’antiquariato internazionale, ha sempre esposto opere bellissime di quell’area, trovando numerosi estimatori (oggi è il figlio Tomaso a portare avanti la tradizione). Credo che noi che apparteniamo alle generazioni successive dobbiamo fare tesoro di questi suoi insegnamenti, fondamentali per il patrimonio culturale nostro e del Paese.

Carlo Orsi

Ada Masoero, 23 ottobre 2021 | © Riproduzione riservata

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