L’opera «Eternity Now» (2015) della svizzera Sylvie Fleury sulla facciata Art Déco del Bass. © Silvia Ros; courtesy The Bass

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L’opera «Eternity Now» (2015) della svizzera Sylvie Fleury sulla facciata Art Déco del Bass. © Silvia Ros; courtesy The Bass

Il Bass riapre nonostante Irma

Dodici milioni di dollari per i lavori, restauro dell’edificio Art Déco, nuove gallerie e acquisizioni

Victoria Stapley-Brown

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Torna il Bass. Il museo di arte contemporanea di Miami ha riaperto il 29 ottobre dopo importanti lavori di ristrutturazione costati 12 milioni di dollari iniziati nel 2015 e diversi rinvii. Dall’edificio originario Art Déco degli anni Trenta e dal primo ampliamento del 2001 è stato ricavato il 50% in più di percorsi espositivi e di spazi pubblici, poco meno di mille metri quadrati.

L’impresa, affidata all’architetto David Gauld, è stata «come una partita a Tetris», dice Silvia Karman Cubiñá, direttrice esecutiva del museo. La significativa riorganizzazione ha previsto anche l’inclusione nel museo di un cortile esterno e l’aggiunta di quattro nuove gallerie.

La Città di Miami Beach ha donato 7,5 milioni di dollari per l’iniziativa pubblico-privata. La Cubiñá attribuisce i ritardi nella riapertura, rinviata dall’autunno del 2016 alla primavera del 2017 e poi a ottobre, alle difficoltà legate alla ristrutturazione di un edificio storico. L’équipe ha incontrato numerose sorprese, come tubi di cui non c’era traccia nei progetti originali, e ha dovuto rispettare il rigido regolamento dell’Historic Preservation Board di Miami Beach.

Il Bass ha dovuto trovare un equilibrio tra la tutela e la volontà di realizzare un museo al servizio della città. Dall’ampliamento del 2001 la popolazione di Miami Beach è aumentata e di conseguenza i visitatori del museo, che hanno caratteristiche sempre più diversificate. Ora ci sono 370 metri quadrati destinati a programmi didattici, come il campo d’arte estivo per bambini istituito nel 2010. La Cubiñá voleva che i tre artisti chiamati per le mostre della riapertura esprimessero la diversità della città e offrissero punti di vista differenti su che cosa è il contemporaneo.

L’artista newyorkese Ugo Rondinone, nato in Svizzera, occupa il secondo piano con la mostra «Good Evening Beautiful Blue» (fino al 19 febbraio), con un’installazione di 45 clown a grandezza naturale (2014-16). «Beautiful» (fino al 2 aprile), la mostra del camerunense Pascale Marthine Tayou, che vive a Gand, in Belgio, mescola le sue opere con altre della collezione del museo, donata da Johanna e John Bass, in cui figurano dipinti antichi, tessuti e sculture. «Il nostro focus è il contemporaneo; la collezione storica serve a contribuire a questa missione», dichiara la Cubiñá. Tayou ha anche appositamente realizzato l’installazione «Welcome Wall» (2017), con insegne led animate che declinano la parola «benvenuto» in più di 70 lingue, e che il Bass intende acquistare.

La mostra dell’artista newyorkese Mika Rottenberg apre invece il 7 dicembre (fino al 30 aprile), in occasione della Miami Art Week, e presenta video e installazioni mixed-media, come la divertente «NoNoseKnows (Artist Variant)» (2015), presentata per la prima volta alla Biennale di Venezia del 2015. Una galleria sarà dedicata alle recenti donazioni e acquisizioni del museo, come «Petrified Petrol Pump (Pemex II)» (2011) del duo statunitense-cubano Allora & Calzadilla.

La recente acquisizione della grande opera a neon «Eternity Now» (2015) dell’artista svizzera Sylvie Fleury è stata rimossa dalla facciata Art Déco a settembre, in previsione dell’arrivo dell’uragano Irma. La tempesta ha colpito dopo la fine dei restauri, ma prima che le opere venissero reinstallate: «una fortuna incredibile», ci dice Silvia Karman Cubiñá.

L’opera «Eternity Now» (2015) della svizzera Sylvie Fleury sulla facciata Art Déco del Bass. © Silvia Ros; courtesy The Bass

Victoria Stapley-Brown, 06 dicembre 2017 | © Riproduzione riservata

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