I musei curano meglio

Riadattati a «centri vaccinali», il rientro nei musei consente di godere dell’arte e dei servizi sanitari

L'hub vaccinale allestito nella mostra di Claudia Comte al Castello di Rivoli
Alessandro Martini |

Mentre l’Unesco lanciava il suo allarme («Molti musei non sopravvivranno al Covid»), il ministro del Turismo Massimo Garavaglia annunciava che «si può cominciare a riaprire tutto con la giusta programmazione. Per esempio i musei e i cinema dovrebbero garantire orari più lunghi e un sistema di prenotazioni ben organizzato».

Da tempo, in effetti, molti ritenevano che i musei italiani potessero riaprire al pubblico, in piena sicurezza per i visitatori e per i lavoratori (cosa che sta gradualmente avvenendo, almeno in zona gialla), magari sperimentando modalità di apertura controllata e innovativa, tanto i musei più piccoli (agevolati dai ridotti flussi di visitatori), quanto alcuni dei più grandi, soprattutto quelli che dispongono di grandi spazi all’aperto, come Venaria Reale, Miramare, Caserta, i parchi archeologici...

Lo stesso Filippo Del Corno, assessore milanese e neoresponsabile cultura del Pd, riconosce che i musei sono luoghi strutturalmente sicuri, e ciò nonostante «sono stati i primi a chiudere e gli ultimi ad aprire». Perché? Intanto, il rientro in molti musei, riadattati a «centri vaccinali», consente di godere contemporanemente dell’arte e dei servizi sanitari. Un connubio benefico che segue anni di progetti tra «arte e salute», basati sulla convinzione che la cultura vada a vantaggio tanto dello spirito quanto del corpo. Fino all’attuale, temporanea riconversione di alcuni musei in «ospedali Covid-19».

È stato così per il Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia di Milano (che ha concluso il 30 aprile un’esperienza di successo), il Madre di Napoli, il Museo e Real Bosco di Capodimonte, il Museo Castromediano di Lecce e per i progetti curati dall’associazione Cultura Italiae con il programma «La Cultura Cura». Dal 29 aprile è la volta del Castello di Rivoli con «Arte cura. Art Heals», progetto pilota con l’Asl To3.

Il percorso di vaccinazione si svolge nelle sale che dal 31 ottobre 2019 ospitano le installazioni ambientali dell’artista svizzera Claudia Comte. La quale, su sollecitazione della direttrice Carolyn Christov-Bakargiev, ha realizzato un’installazione sonora ad hoc, «The Pattern That Connects» (con il compositore Egon Elliut), destinata a un «pubblico nuovo», che non ha scelto di visitare la mostra ma vi si trova per ragioni apparentemente lontane.

Dopo anni in cui i musei, sempre più spettacolari, sono stati definiti le «nuove cattedrali» della contemporaneità (come suggeriva il critico britannico Charles Jenks), oggi alle loro funzioni (anche simboliche) si aggiunge quella della cura del corpo: musei come ospedali. Il loro valore pubblico, civile e a vantaggio delle collettività è (e sarà) sempre più centrale nell’età del virus.

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