Lo scavo di San Casciano dei Bagni

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Lo scavo di San Casciano dei Bagni

I devoti di San Casciano dei Bagni

Presentati in un convegno a Siena i risultati delle indagini sui reperti dello scavo del Bagno Grande che nel novembre scorso ha restituito i famosi bronzi votivi etruschi

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Redazione GDA

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Il convegno che sì è appena tenuto a Siena, nei giorni 25 e 26 gennaio presso l’Università per Stranieri, dal titolo «Dentro il sacro. Multiculturalismo e plurilinguismo nello scavo del Bagno Grande a San Casciano dei Bagni», aperto dall’intervento del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, ha offerto l’occasione per presentare i primi risultati delle indagini in corso sui reperti rinvenuti nello scorso autunno, che hanno suscitato una grande attenzione mediatica, e nelle precedenti campagne di scavo.

Alla luce degli interventi tenuti da archeologi presenti sullo scavo, come Emanuele Mariotti e Jacopo Tabolli, che lo hanno diretto, e Ada Salvi, e da specialisti provenienti da diverse Università e centri di ricerca, si può provare una prima ricostruzione delle caratteristiche e delle vicende dell’area sacra che appare strettamente legata al culto di acque alle quali si attribuivano virtù salutari.

Appare confermata la lunga durata del santuario dall’età etrusca a quella romana e sino al V secolo d.C. quando l’area venne abbandonata. Una continuità si trova nelle stesse divinità venerate: Fons e Fortuna Primigenia, ma ad esse in età imperiale se ne aggiunsero altre. Il santuario appare frequentato da persone provenienti non soltanto dal territorio chiusino, ma anche da aree più lontane: Adriano Maggiani ha notato come su cinque iscrizioni etrusche, rinvenute nella campagna di scavo 2022, ben tre ricordino personaggi originari di Perugia. In una è citata anche l’importante famiglia dei Velimna.

I devoti frequentatori sembrano appartenere a strati sociali diversi sia per la fase più antica che per quella più recente, si ricorda anche uno schiavo, e questo può contribuire a spiegare la varietà delle offerte. Tra le deposizioni votive, le statue in bronzo rinvenute sono state quelle che hanno suscitato interesse maggiore al momento della scoperta. Si è arrivati a paragonarle ai Bronzi di Riace, ma si tratta di un confronto improprio dato che qui ci si trova di fronte a opere di un artigianato artistico di buona qualità e non a maestri della bronzistica antica.

A Massimiliano Papini si deve un loro primo inquadramento stilistico e cronologico: le statue sembrano coprire un arco di tempo che dal II secolo a.C. arriva agli anni di governo dell’imperatore Tiberio. Tra esse una menzione speciale meritano, in ordine cronologico, una figura femminile vestita con chitone e mantello; un’altra figura sempre femminile caratterizzata dall’iscrizione etrusca: fleres, che rinvia al numen, alla divinità della fonte; un Apollo raffigurato nel gesto di tirare l’arco per lanciare una freccia realizzato forse intorno al 100 a.C.; una figura maschile dal corpo malformato volutamente a evidenziare il problema fisico per il quale si chiedeva la guarigione, o si ringraziava per essa; due teste maschili, di cui una con una forza espressiva notevole e un’iscrizione in lingua etrusca sul collo.

Tra le offerte votive in bronzo meritano una menzione otto neonati raffigurati avvolti in fasce, mentre in genere erano un tipo di offerta realizzata in terracotta, e due rare raffigurazioni con l’indicazione di alcuni organi interni del corpo umano. Le monete rinvenute nella vasca del Bagno Grande sono numerose: 2511 nella campagna di scavo del 2021 e 2700 circa in quella del 2022. Esse sono in bronzo e solo alcuni pezzi in argento e due in oro. A giudizio del numismatico Giacomo Pardini, esse non dovrebbero avere circolato prima di essere offerte. Va segnalato che qui come altrove, le monete affiancarono e poi sostituirono gli altri donativi in bronzo. Una pratica sorta in Etruria e poi trasmessa al mondo romano.

Nella vasca furono gettate ritualmente anche offerte in legno, analizzate da Mauro Paolo Buonincontri, che sembrano suggerire la pratica di gettare rami di alberi nell’acqua. Non mancano nemmeno pigne del pino domestico. Un’ultima considerazione concerne l’attenzione, la cura e la passione con cui lo scavo è stato condotto: ciò ha consentito il recupero di una serie d’informazioni preziose per tentare di ricostruire la vita di un’area sacra in cui, per secoli, uomini e donne hanno testimoniato la loro fede e affidato le loro speranze.

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Redazione GDA, 27 gennaio 2023 | © Riproduzione riservata

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