Cortesi Gallery cambia la sua sede milanese e dagli spazi industriali di corso di Porta Nuova si sposta nel cuore della Milano romana, in Palazzo Morigi, un edificio tanto antico (il nucleo originario, con la torre, risale al Trecento, sebbene nei successivi quattro secoli sia stato ampliato e rimaneggiato) e tanto nobile (appartenne ai marchesi Moriggia o Morigi) da aver dato il nome anticamente all’intera Contrada e ora alla via su cui si affaccia.
Radicalmente ristrutturato, il palazzo ha conquistato Stefano Cortesi, che con i figli Andrea e Lorenzo, che lo affiancano, ha scelto per la galleria un grande spazio al piano terreno, finestroni ad arco e soffitti lignei a cassettoni, cui si accede dal cortile acciottolato. L’inaugurazione si terrà a settembre con la mostra curata da Francesca Pola «Gli spazi dell’aria», dedicata a Giuseppe Santomaso e agli altri artisti veneziani degli anni ’50, ma sino a fine luglio, la galleria presenta su appuntamento un group show che intende essere una sorta di celebrazione degli artisti e dei movimenti su cui ha lavorato negli ultimi sette anni.
Sono in mostra opere di artisti europei del Gruppo Zero, dei maestri italiani del dopoguerra (Fontana, Castellani, Bonalumi, Arnaldo Pomodoro), degli esponenti dell’Informale, da Santomaso ad Afro, a Mattia Moreni, oltre a un importante lavoro di Mario Nigro e alla presenza di un’artista raffinata, e cara alla galleria, come Grazia Varisco.
Le ragioni del trasferimento? «Più d’una, spiega Stefano Cortesi. Sicuramente siamo stati attratti dal prestigio e dalla storia di Palazzo Morigi, dal suo restauro di altissima qualità e dalla posizione così centrale, capace di richiamare i collezionisti in galleria. La globalizzazione ha creato un’offerta eccessiva: credo che occorra trovare una nuova intimità con i collezionisti attraverso l’incontro personale.
Rinunciamo a un po’ di spazio, è vero, ma il modo stesso di fare galleria da qualche tempo è cambiato e richiede maggiore snellezza e flessibilità, puntando in primo luogo sul private sale, poi sulle fiere, infine sulle mostre.
E qui siamo pronti a offrire mostre curatoriali, che puntino sulla qualità prima che sulla quantità. Senza contare che l’intera area, che è stata molto valorizzata negli ultimi tempi, conserva un’impagabile atmosfera di discrezione e di quiete. Ritrovandola dopo la lunga segregazione, ho provato un vero piacere».
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