Il cantiere dell’Humboldt Forum per la ricostruzione del Palazzo Reale di Berlino. © Shf/Stephan Falk

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Il cantiere dell’Humboldt Forum per la ricostruzione del Palazzo Reale di Berlino. © Shf/Stephan Falk

Humboldt Forum: obiettivo tre milioni di visitatori

«Il più importante progetto museale europeo» aprirà il prossimo anno

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Catherine Hickley

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«Il biglietto da visita del Paese»; così il ministro della Cultura tedesco Monika Grütters ha descritto l’Humboldt Forum, un grande museo e spazio eventi costato 595 milioni di euro che aprirà l’anno prossimo nel Palazzo Reale di Berlino ristrutturato (quasi interamente ricostruito, su progetto dell’italiano Franco Stella, vincitore del concorso internazionale del 2008. Il progetto degli allestimenti è di Ralph Appelbaum, Ndr). Il ruolo di ospite principale va a Hartmut Dorgerloh, che a giugno è diventato il direttore di un’istituzione che prevede di accogliere circa 3 milioni di visitatori all’anno.

Finanziato all’80% dal Governo federale, il nuovo complesso culturale ospiterà le collezioni etnologiche non europee e di arte asiatica di Berlino (che sono state trasferite dai Musei di Stato del quartiere di Dahlem, a sud-ovest della città), allestimenti permanenti sulla storia della città, spazi per mostre temporanee e un centro di ricerca gestito dalla Humboldt Universität. L’Humboldt Forum vuole organizzare un migliaio di eventi all’anno.

Dorgerloh, un affabile cinquantaseienne, ha in programma una festa di benvenuto che durerà mesi. «L’inaugurazione sarà una storia divisa in diversi capitoli, afferma. Abbiamo tutti gli elementi e ora stiamo preparando la coreografia. Ricordatelo, stiamo parlando di circa 40mila metri quadrati, 30mila dei quali accessibili al pubblico. Quando percorro l’edificio con i visitatori ci vogliono due ore, e questo senza oggetti esposti. Immaginate se il British Museum avesse aperto tutto in una volta sola. Sarebbe stato davvero troppo...». I dettagli dell’apertura sono ancora pochi, ma Dorgerloh vuole fugare i dubbi sulle tempistiche. Alcuni oggetti più grandi sono già stati trasferiti nell’edificio, come una barca lunga 15 metri dell’isola di Luf, nel Pacifico. Una data importante per l’inaugurazione sarà il 14 settembre 2019, il 250mo anniversario della nascita dell’esploratore e naturalista Alexander von Humboldt, spiega Dorgerloh.

Anche se non ci saranno ritardi, l’Humboldt Forum ha in corso una controversia legale che risale a ben prima del suo inizio. Il Palazzo Reale di Berlino venne distrutto dalle autorità comuniste della Germania dell’Est nel 1950. Al suo posto fu costruita, con grande impiego di amianto, la sede del Parlamento, il Palast der Republik, a sua volta smantellato dieci anni fa per far posto alla parziale ricostruzione del Palazzo Reale, una decisione approvata dal Bundestag, che ha tuttavia scatenato accese proteste contro la volontà di cancellare la storia della Germania dell’Est. Recentemente l’Humboldt Forum è stato al centro di un animato dibattito sulla provenienza dei reperti dell’epoca coloniale.

Dorgerloh è cresciuto a Potsdam, nell’ex Germania dell’Est, e ha studiato alla Humboldt Universität nell’allora Berlino Est. Dopo aver diretto il Dipartimento per la tutela del Patrimonio presso il Ministero della Cultura dello Stato federale del Brandeburgo a Potsdam, nel 2002 diventò direttore della Fondazione Castelli e giardini prussiani, incarico che ha mantenuto per sedici anni. L’anno scorso ha ottenuto 400 milioni di euro di fondi pubblici per la ristrutturazione dei siti patrimonio Unesco di Berlino e Potsdam.

«Ci fu un periodo in cui tutto ciò che aveva a che fare con la Repubblica democratica tedesca doveva essere eliminato, dichiara. Quando si discusse la ricostruzione del Palazzo Reale ci fu un dibattito sul perché ne avremmo avuto bisogno in una democrazia. La Fondazione Castelli e giardini prussiani ha trenta palazzi. Risposi che se avessimo ricostruito il palazzo di Berlino, avremmo dovuto spiegare perché. Ero tra quelli che avrebbero potuto immaginare una soluzione diversa». Ma, essendo cresciuto sotto una dittatura, Dorgerloh sottolinea di avere «un enorme rispetto per le decisioni del Parlamento democraticamente eletto». Dice di aver accettato il ruolo di direttore dell’Humboldt Forum perché «rappresenta un’opportunità speciale per la cultura e l’arte e per avere una maggior consapevolezza del nostro mondo». La questione di come la Germania interpreta il mondo e, in particolare, le sue ex colonie, è diventata di attualità nel luglio 2017, quando la storica dell’arte Bénédicte Savoy ha dato improvvisamente le dimissioni dal Cda dell’Humboldt Forum. Una delle sue rimostranze è stata la mancanza di attenzione per la ricerca sulla provenienza delle opere che, secondo lei, dovrebbe essere il focus principale dell’istituzione.

La discussione prese slancio quando il presidente francese Emmanuel Macron invocò «una temporanea o definitiva restituzione del patrimonio africano» da parte dei musei francesi nei prossimi cinque anni. Da allora Grütters ha riconosciuto che il patrimonio coloniale è stato per troppo tempo un «punto debole» in Germania e ha chiesto un finanziamento aggiuntivo per le ricerche sulla provenienza.
«Si tratta di un argomento molto importante per l’Humboldt Forum, dice Dorgerloh. Se presenteremo questi oggetti, dovremo anche raccontare da dove arrivano. Stiamo lavorando con le comunità d’origine, con esperti internazionali e con un pubblico critico per affrontare in maniera consapevole la questione».

Una mostra in programma di bronzi del Benin comprenderà una descrizione dettagliata della loro provenienza, aggiunge. L’Humboldt Forum è membro del Benin Dialogue Group of European museums, che ha proposto un allestimento permanente a rotazione di prestiti a Benin City, in Nigeria. Anche il Museo Etnologico di Berlino, che fa ora parte del Forum, sta cooperando con la Tanzania a un progetto di ricerca di manufatti rubati durante la guerra Maji Maji del 1905-07, una rivolta armata contro il dominio coloniale tedesco nell’Africa orientale. Il progetto si tradurrà in una mostra all’Humboldt Forum che Dorgerloh spera possa in seguito trasferirsi a Dar es Salaam.

«Non possiamo più considerarci interpreti unici e sovrani delle collezioni provenienti da un contesto coloniale, dice Dorgerloh. Siamo solo i custodi e il punto, oggi, è come gestire questi manufatti. E questo non lo possiamo stabilire guardando le cose solo dalla nostra prospettiva; dobbiamo farlo insieme alle comunità d’origine».
La restituzione, aggiunge, è solo una delle molte soluzioni, e deve essere affrontata con cautela. Dorgerloh ha esperienza in materia di restituzione dall’epoca del suo lavoro ai Castelli prussiani, che possedevano oggetti espropriati alle famiglie aristocratiche ed ebree durante il nazismo e subito dopo. «La grossa differenza è che in quei casi era quasi sempre possibile identificare i proprietari, afferma Dorgerloh, mentre per gli oggetti coloniali la proprietà non è sempre chiara. Richiede più tempo, un dibattito più approfondito e una sensibilità particolare per la situazione politica nei Paesi in questione».

Per offrire consulenza sulla cooperazione con i Paesi di origine, l’Humboldt Forum ha istituito un team di esperti internazionali, tra cui l’archeologo keniota George Abungu, lo storico dell’arte Jyotindra Jain e Chor-Lin Lee, ex direttore del National Museum di Singapore. Neil MacGregor, uno dei tre direttori fondatori del Forum, il cui mandato è giunto al termine con la nomina di Dorgerloh, sarà l’unico esperto europeo. «Il presidente Macron ha adottato un approccio molto deciso su questo punto e ritengo che dobbiamo farlo nostro», conclude Dorgerloh.

Il cantiere dell’Humboldt Forum per la ricostruzione del Palazzo Reale di Berlino. © Shf/Stephan Falk

Catherine Hickley, 27 novembre 2018 | © Riproduzione riservata

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