La capitale tedesca omaggia con la mostra «George Grosz in Berlin», al Bröhan-Museum dal 18 ottobre al 6 gennaio, uno dei suoi più importanti artisti, senza il quale i ruggenti Anni Venti non avrebbero forse per noi oggi lo stesso significato. Grosz (1893-1959) fu disinibito narratore satirico del suo tempo. Dissacrante e con un’assai variegata produzione artistica, catturò nelle sue opere lo spirito di epocali cambiamenti politici e di costume, molti vizi e poche virtù.
Quanto esposto all’elegante Museo di Jugendstil, Art déco e Funzionalismo a Charlottenburg, si rivelerà una sorpresa persino per i suoi più affezionati e informati ammiratori: accanto ai pezzi più famosi del suo celebre, grande lascito, sono presenti molti inediti, disegni e dipinti altrimenti inarrivabili da due collezioni private, e pressoché sconosciute fotografie scattate dall’artista stesso durante il soggiorno negli Stati Uniti, spettacolari scatti, bicromatici dettagli catturati con un estro ormai tendente alla malinconia.
Nemmeno a New York, dove esiliato dal 1933 continuò a lavorare come costumista e scenografo teatrale, poté liberarsi del peso di quanto sperimentato nella Berlino nazista: del calare del peggiore degli incubi sulle luci della meravigliosa metropoli (dove rientrò soltanto nel 1958) non poté mai farsi una ragione. Con questa mostra il Museo Bröhan inaugura le celebrazioni per il centenario della nascita della Repubblica tedesca, ospitando nei mesi invernali l’attesa «100 Jahre Revolution - Berlin 1918/19».
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