Giovanni Balducci un fiorentino a Napoli
Un saggio di Mauro Vincenzo Fontana sul paesaggio figurativo tra Cinque e Seicento nel crocevia di culture del pittore manierista e il suo committente di riferimento

Trenta o quarant’anni fa un libro del genere non si sarebbe potuto condurre in porto. Questa la prima cosa che salta agli occhi dal denso lavoro monografico di Mauro Vincenzo Fontana. Lo studioso racconta il paesaggio figurativo al passaggio tra il Cinquecento e il Seicento da un’angolazione sconosciuta al grande pubblico: quella di un pittore fiorentino, Giovanni Balducci, e del suo committente di riferimento, il cardinale Alfonso Gesualdo.
Diligente narratore, una sorta di Domenico Ghirlandaio riveduto e corretto, Balducci ha una produzione tanto copiosa quanto priva di guizzi. Fontana ne rintraccia il brodo di coltura nella cerchia di maestri che lavorarono nello studiolo di Francesco I in Palazzo Vecchio. Lo segue a Roma, lo ritrova a Napoli nel 1596. La ricostruzione del pristino assetto della tribuna del Duomo compone un modello di storiografia che, da solo, basterebbe a legittimare la solidità
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