Flashback in galleria
Non più al Pala Alpitour: i mercanti ospitati dai colleghi torinesi

Con un cambio in corsa, dovuto all’evoluzione dell’emergenza sanitaria, Flashback conferma le sue date trasformandosi in una fiera diffusa. Le gallerie torinesi aderenti alla manifestazione dal 5 all’8 novembre ospiteranno infatti nei loro spazi le opere delle gallerie provenienti da altre città. Una decisione per ribadire che, pur in un momento di forti incertezze, «Non siamo soli», proprio come recita la dissacrante immagine realizzata per la kermesse da Daniele Caluri, noto illustratore del «Vernacoliere» oltre che di Don Zauker e Dylan Dog. E così il titolo di Flashback 2020, «Ludens», riferito alla capacità di ciascuno di riplasmare la realtà attraverso la creatività, non potrebbe essere più attuale.
«Siamo orgogliose di aver condiviso una scelta così importante con tutti gli espositori e di annunciare che, nonostante la fiera al Pala Alpitour di Torino sia rimandata a novembre 2021, tutte le gallerie di Flashback avranno il loro spazio nell’Art Week torinese», affermano Ginevra Pucci e Stefania Poddighe, fondatrici e direttrici della manifestazione. «Vogliamo esserci per dare un segnale comunicativo positivo, di vitalità e di speranza: per la città, i collezionisti e per chi ama l’arte in generale. Il comparto continua infatti a lavorare seriamente sull’alta qualità delle opere e l’arte si conferma sempre un investimento e un cibo per l’anima». Accanto all’evento reale si affiancherà poi una vetrina virtuale che dal 5 novembre al 7 marzo proporrà viewing room e pagine dedicate alle gallerie sul sito di Flashback.
Fra conferme e nuove presenze sono 41 gli espositori di quest’edizione, per un’offerta che spazia dall’antico al contemporaneo, dall’Occidente all’Oriente, attraversando i generi, dalla pittura alla scultura, dai mobili agli oggetti da Wunderkammer, dai gioielli ai tappeti. Nell’ambito dei fondi oro toscani si fanno notare due tavole, in origine probabilmente collocate agli estremi di una predella, «San Cristoforo» e «San Sebastiano». Proposte da Longari (Milano), databili intorno al 1480 e in perfetto stato di conservazione, erano note già a Federico Zeri che ne indicò l’attribuzione a Matteo Di Giovanni. In pieno clima barocco si colloca invece «Il bacio di Angelica e Medoro», olio su tela di Giovanni Lanfranco, presentato da Alessandra Di Castro (Roma), prestigiosa new entry per la fiera torinese. Il dipinto, la cui richiesta è di 400mila euro, esprime l’abilità dell’autore nella resa luministica della composizione, nella posa dinamica e nell’innovativo scorcio dell’insieme.
Alle suggestioni dell’arte del Nord Europa conducono Caretto&Occhinegro (Torino) che espongono fra i lavori di punta un piccolo olio su tavola, «Il Paradiso terrestre», attribuito al maestro della Fuga in Egitto di Copenaghen (200mila euro circa la richiesta), unico nelle sue peculiarità e pur ricco di riferimenti, da Bles a Bosch. Una scultura acefala di «Santo guerriero» (95mila), in marmo, attribuita dagli studiosi alla tarda produzione di Jacopo della Quercia sarà invece proposta da Callisto Fine Arts (Londra), opera probabilmente realizzata quando lo scultore era impegnato nel progetto del portale principale di San Petronio a Bologna. Da Antonacci Lapiccirella (Roma), un grande dipinto di Francesco Gamba, «Panorama di Torino da Villa Barbaroux», del 1851, veduta di notevole impatto visivo e al di fuori dei canoni classici del genere, che ritrae la città dominata dal profilo della Chiesa di Santa Maria al Monte dei Cappuccini (ca 80mila).
Una felice sintesi fra la ricchezza decorativa appresa in Oriente e i motivi della secessione viennese contraddistingue invece «Danzatrice orientale» di Galileo Chini, un inchiostro e tempera su carta presentata da Paolo Antonacci (Roma) e realizzata dall’autore subito dopo il soggiorno in Siam. L’arte italiana della prima metà del Novecento è ben rappresentata anche da Bottegantica (Milano e Bologna), dove spicca un severo e luminoso «Ritratto della sorella Elvira» di Felice Casorati, olio su tavola del 1934. Una grande tempera su tela di Emilio Vedova del 1954, «Dal diario del Brasile: spazio inquieto», è poi proposta dalla Galleria dello Scudo (Verona).
Appartenuta alla collezione dell’architetto Graziano Gasparini, la tela è dominata da un’esplosione di linee di forza bianche e nere (600mila). Le sperimentazioni su materia e superfici trovano una feconda declinazione nei lavori di Alberto Burri, presente da Mazzoleni (Torino-Londra) con un Cellotex del 1982 (380mila). Infine, da Mirco Cattai Fine Art&Antique Rugs (Milano) è possibile scoprire un tappeto Ushak (Anatolia) a stelle, verde-blu su fondo rosso, della seconda metà del XVII secolo e un tappeto da preghiera Transilvania dello stesso periodo con fondo giallo-oro. Si tratta di esemplari molto rari che hanno di norma quotazioni oscillanti da 50mila fino a oltre 100mila euro.








