Il Mac Val. Foto Pauline Turmel

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Il Mac Val. Foto Pauline Turmel

Dalle rivolte il Beaubourg delle banlieue

Luana De Micco

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L’integrazione è una delle missioni del Mac Val, il museo d’arte contemporanea del Val-de-Marne che ha aperto le porte nel 2005 alla periferia sud di Parigi, a una decina di chilometri dal Centre Pompidou. Il 2005 è un anno che non si dimentica. Fu segnato infatti dai «moti delle banlieue», tre settimane di rivolte, con auto incendiate e guerriglia urbana, in quei quartieri ghetto dove vivono tante famiglie di prima, seconda o terza generazione di immigrati dalle ex colonie francesi, e dove l’emancipazione sociale resta ancora oggi un’utopia.

Il Mac Val è nato subito dopo quei fatti, e dopo vent’anni di incubazione del progetto, su iniziativa del suo visionario ex presidente, Michel Germa, morto nel 2007, con lo scopo di rendere l’arte accessibile a chi non è abituato a visitare i musei. Il «Beaubourg delle banlieue» accoglie ogni anno 80mila visitatori, soprattutto residenti nel Dipartimento. Pochi sono i turisti e i parigini che si avventurano fin qui. L’apertura di nuove linee del metrò, entro il 2024, dovrebbe poter attirare nuovi pubblici dalla capitale. Il museo si dedica alla scena artistica europea e internazionale. Nel 2017, la mostra «Tous de sang-mêlés» rifletteva sulla nozione «ibrida» dell’identità culturale, con opere di una sessantina di artisti (Zineb Sedira, Nina Esber, il collettivo Claire Fontaine...): «L’identità è un concetto che si trasforma, esperienza dopo esperienza, scrivevano i curatori Julie Crenn e Frank Lamy. Siamo tutti dei migranti, degli ibridi, degli stranieri, degli esseri in Relazione». Dal 14 aprile al 16 settembre il museo ospita una monografica di Kader Attia dal titolo «Le radici crescono anche nel cemento».

Il Mac Val. Foto Pauline Turmel

Luana De Micco, 27 aprile 2018 | © Riproduzione riservata

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Dalle rivolte il Beaubourg delle banlieue | Luana De Micco

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