Dai ponteggi del Battistero di Firenze vedremo cose mirabili

Concluso il restauro di pareti interne e abside, si stanno innalzando i ponteggi per intervenire sui mosaici della cupola con il «Giudizio Universale»

Il Battistero di Firenze dopo il restauro delle pareti interne. Cortesia dell’Opera di Santa Maria del Fiore. Foto Fabio Muzzi
Laura Lombardi |  | Firenze

Fino al 18 dicembre il Battistero rimarrà chiuso perché sta per essere montato lo speciale cantiere che permetterà ai visitatori di vedere da vicino, nel corso del restauro, una delle opere più celebri della storia dell’arte medievale: i mosaici (circa 1.200 metri quadrati) della cupola raffiguranti il «Giudizio Universale».

Una struttura che, spiega l’architetto dell’Opera di Santa Maria del Fiore Samuele Caciagli, «sarà costituita da una colonna centrale, con appoggio a terra, e da strutture orizzontali collocate a circa 15 metri da terra. A partire dalla base della cupola, il ponteggio verrà strutturato su tutto il perimetro. Lo stesso verrà innalzato sino a coprire tutte le superfici interessate dalle lavorazioni di restauro».

Nel frattempo all’interno del Battistero si è concluso il restauro delle pareti in marmo bianco e verde di Prato con inserti di decorazioni musive. L’intervento, dal piano di calpestio all’imposta della cupola, era in corso dal 2017 ma è stato interrotto più volte dalla pandemia nonostante gli sforzi a procedere sottolineati da Vincenzo Vaccaro, consigliere dell’Opera di Santa Maria del Fiore con delega ai restauri architettonici.

Diretto e finanziato dall’Opera di Santa Maria del Fiore con 2,6 milioni di euro e con un contributo della Fondazione non profit Friends of Florence per il restauro dell’abside, è stato condotto sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza e con la collaborazione per le indagini diagnostiche di Università e laboratori specialistici.

Nel corso del restauro delle pareti, dove sono inseriti mosaici risalenti ai primi due decenni del Trecento, Beatrice Agostini, responsabile della progettazione e della direzione dei lavori architettonici e di restauro dei mosaici, aveva reso nota la presenza di una tecnica musiva assolutamente originale, un vero e proprio unicum.

Infatti, oltre al particolare supporto di tavelle in terracotta e all’impasto non tradizionale realizzato a caldo (non a malta ma con un mastice ottenuto da un composto di legante aereo, olio di lino cotto e una resina vegetale, la colofonia), sono state rinvenute tracce di pasta vitrea e di foglia d’oro su uno dei capitelli dei matronei, a suggerire che questi elementi in grado di riflettere la luce potessero estendersi a tutti gli altri capitelli con un effetto di forte splendore diffuso.

L’ultima parte del restauro ha riguardato invece l’abside (definita per la tipologia anche scarsella), rivestita sulla volta e sull’arco trionfale da mosaici più antichi rispetto a quelli delle pareti, perché risalenti alla seconda metà del Duecento, quando ancora si lavorava a quelli della Cupola iniziati verso il 1225, come si desume dalla data iscritta. Nella scarsella vediamo impiegate tessere minute con grandissima varietà di cromie; tra i materiali preziosi c’è il corallo usato a rametti e in sezioni (un unicum per l’arte musiva) tanto da formare microscopiche tessere a forma circolare o a goccia.

Inoltre, a differenza dei mosaici delle sette facciate interne (con profeti, santi vescovi e cherubini) alla base della decorazione musiva della scarsella è un ricco programma iconografico, che ha come tema centrale la venuta di Cristo simboleggiata nell’agnello al centro della ruota con un’epigrafe in latino («Qui è Dio onnipotente indicato dal mite agnello»).

All’interno del Battistero si sono svolti anche un intervento di pulitura sul Monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXIII, opera di Donatello e Michelozzo, liberato dalle polveri superficiali che ne coprivano la doratura, e il restauro dell’antico pavimento in tarsie marmoree nel quale è rappresentato lo zodiaco e dove si legge: «Qua vengono tutti coloro che vogliono vedere cose mirabili».

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