Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

Un particolare con il Cristo Morto di Pontormo della Pala di Santa Felicita a Firenze

Image

Un particolare con il Cristo Morto di Pontormo della Pala di Santa Felicita a Firenze

Conti e il suo Pontormo

Picasso, Gadda, Pasolini e Viola si allineano in una dorsale cruciale della letteratura sul più vecchio e sorprendentemente nuovo dei pittori del Cinquecento

Stefano Causa

Leggi i suoi articoli

Scomparso a 48 anni, Alessandro Conti non fece in tempo a vedere il suo Pontormo. Lo fece uscire, nel 1995, Jaca Book accomodandolo in una fortunata collana di fine secolo dentro cui figurano grandi nomi resi tascabili. Quest’ottimo viatico sul pittore, debitamente ristampato, conviene procurarselo per due motivi.

Il primo è Conti. Talento precoce interessato alla diagnostica quando, di queste cose, si parlava con impazienza se non insofferenza. Quasi gli storici del restauro fossero storici mancati. La panchina della disciplina. Poi c’è quello strano animale di Pontormo (1494-1557). Riscoperto cent’anni fa, etichettato come manierista e riguadagnato alle ragioni di un’attitudine non ossequiente verso Dürer, Leonardo e Michelangelo: non si sa perché uno così non sia divenuto un nome mainstream come Caravaggio.

Trascorse le perenni emergenze pandemiche, bisognerà riprogrammare un tour di Pontormo non foss’altro perché la Pala di Santa Felicita a Firenze è uno dei quadri più belli del mondo. Su di lui le cose più interessanti le hanno osate scrittori e storici d’arte in senso non ristretto. Nel 1946 il Pasticciaccio di Gadda ammicca a Pontormo.

Quanto a Pasolini, che aveva tentato di laurearsi con Longhi, nel 1962 reinventa in tableau vivant il «Trasporto di Cristo», mentre il costumista Danilo Donati prova a calarsi in quei colori che sfolgorano in pieno petto. A Pontormo s’inchina Picasso quando cita la «Visitazione» nelle «Tre Olandesi» del 1905. Dopo di lui se ne riappropria Bill Viola che, ossessionato dalla pala di Carmignano, ne procura una lettura alla moviola da piacere a Longhi e a Conti, ove avessero fatto in tempo a vederla.

Picasso, Gadda, Pasolini e Viola si allineano in una dorsale cruciale della letteratura sul più vecchio e sorprendentemente nuovo dei pittori del Cinquecento; Conti lo domina con attenzione al minimo scarto cromatico, come se tutta la vita non avesse fatto altro che approssimarsi a lui. 

Pontormo,
di Alessandro Conti, 184 pp., ill. col., Jaca Book, Milano 2021, € 50

Un particolare con il Cristo Morto di Pontormo della Pala di Santa Felicita a Firenze

Stefano Causa, 14 maggio 2022 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

La recente pubblicazione di Stefania Mason cataloga oltre un centinaio di fogli del pittore veneziano dalla collezione Zaccaria Sagredo; una postilla alla monografia che lei stessa gli dedicò nel 1984

Pesti, carestie e morbi furono per gli antichi occasioni di racconto da cui trarre i soggetti per le proprie opere. Oggi, dunque, i medici potrebbero essere degni avversari dei critici d’arte o, perlomeno, degno pubblico di rappresentazioni di corpi e situazioni affetti da patologie

I paesaggi recenti dell’artista marchigiano appartengono a una lunga catena di immagini indissolubilmente legate che vanno da Tiziano a Klee, Mondrian, Morandi e Steinberg.

Viaggio nei meandri di libri e fascicoli che hanno fatto la storia del libro

Conti e il suo Pontormo | Stefano Causa

Conti e il suo Pontormo | Stefano Causa