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Per ordinare la monografica di Salvatore Scarpitta (sino al 22 aprile), la galleria A Arte Invernizzi ha voluto avvalersi del duplice sguardo di uno storico dell’arte (Luigi Sansone, curatore del catalogo ragionato dell’artista americano) e di un suo artista, il tedesco Günter Umberg.
I due, selezionando una trentina di opere chiave di Scarpitta, ne hanno illustrato l’intero itinerario, dagli esordi fino ai primi anni ’90. Dopo le prime prove di segno materico-espressionista, nella seconda metà degli anni ’50 l’artista (New York 1919-2007, di padre siciliano) creò un linguaggio nuovo, fatto dapprima di tele estroflesse poi, subito dopo, di bende e fasce in tensione, di cui la mostra esibisce nel salone al piano superiore alcuni esemplari.
Di seguito entra in scena un lavoro di bronzo, «Egg Walker», 1992, che, richiamandosi ai multipli esposti all’ingresso, mette in connessione le opere presentate al livello superiore con quelle del piano inferiore, dove il grandioso «Gunner’s Mate», 1961, unico superstite dei lavori con più «Croci di sant’Andrea», è accostato a una «Croce di sant’Andrea» singola del 1959.
Non mancano le sue celebri «slitte» (1989, 1992), che alludono a viaggio simbolico, oltre l’orizzonte, mentre la sequenza di fotogrammi di «Sal Is Racer», 1985, dove l’artista è in tenuta da pilota, rammenta la sua passione per i motori.

Salvatore Scarpitta, «At Leo’s N.Y.C.» 1965. Cortesia A arte Invernizzi, Milano. Foto Bruno Bani
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