Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

I profughi afgani in fuga su un cargo statunitense

Image

I profughi afgani in fuga su un cargo statunitense

Banane e panzane

I talebani dell'arte hanno una missione: creare immagini inutili

Franco Fanelli

Leggi i suoi articoli

«Che avesse ragione Jean Clair?» Il dubbio è agghiacciante, quando se lo pone un gallerista d’arte contemporanea. La gigantesca banana blu concepita da Giuseppe Veneziano per piazza Duomo a Pietrasanta è andata di traverso a Massimo Minini: «Abbiamo scoperchiato il vaso di Pandora e il combinato disposto tra assessori e artisti genera mostre e mostri», dice.

Chissà se Jean Clair, coltissimo e feroce oppositore dell’arte post 1945, turba i sogni anche di un altro grande gallerista, Gian Enzo Sperone, che ancora recentemente ha espresso le sue perplessità rispetto all’arte attuale, dominata da artisti-mercanti, ibridata dal digitale e scarsa, almeno in Italia, di talenti. Quattro anni fa, lo stesso Sperone decideva di non partecipare ad Artissima «perché quello non è più il mio tempo, il mio spirito».

Pentimenti tardivi, il suo e quello del collega bresciano? Ravvedimenti ispirati dall’incapacità anagrafica di comprendere l’arte d’oggi? Ma non è solo l’amplesso artisti-assessorati a generare mostri. Danno una mano anche la committenza ecclesiastica o la leggerezza con cui certe Soprintendenze accettano che l’antico sia ridotto a quinta teatrale: vedi, tra i molti casi, Mitoraj a Pompei, che inquina la percezione della storia non meno di una banana blu in un contesto medievale e rinascimentale.

E Sperone? Non si orienta più in un sistema preposto al concepimento di opere affette da rachitismo estetico e varie tare, come figli nati da consanguinei. L’arte contemporanea, che ostenta vocazioni pluraliste, è una comunità autoreferenziale che da decenni ha perso il contatto con il mondo e il tempo reali, che infatti si limita a citare, commentare, criticare attraverso un ostentato ideologismo, non sapendo farlo sul piano estetico.

«Troppi artisti, scriveva Jean Clair nel pamphlet “Critica della modernità”, (...) hanno mescolato il mestiere e la strategia. La loro impotenza attuale ne è il risultato». Non v’è infatti immagine più potente di quella apparsa sui media nell'ultimo mese, quella degli 800 afgani stipati nella pancia immensa di un cargo americano, un’arca di Noè volante a uso degli animali più evoluti, gli umani.

Mai come questi anni tetri, in cui i talebani propriamente detti distruggono le immagini e i talebani dell’arte votano sé stessi alla procreazione assistita di immagini inutili, l’arte contemporanea e le sue cronache suonano particolarmente avulse dal mondo reale. Ci pare di sfogliare un quotidiano, le cui prime pagine sono dedicate alla tragedia, seguita, non sempre dopo lo stacchetto pietoso di una pagina di pubblicità, da un progressivo alleggerimento verso la farsa e la commedia. Apriamo con l’Apocalisse e finiamo con l’annuncio della gravidanza della fidanzata di Valentino Rossi.

È nei momenti in cui il mondo rivela sé stesso attraverso le proprie catastrofi, la propria tremenda realtà, che l’arte delle banane vere attaccate con lo scotch e quelle finte dipinte di blu nel «quotidiano» della vita vera appare nella sua giusta collocazione, nelle ultime pagine, fra i tweet di Ronaldo, l’ultimo taglio di capelli di Federica Pellegrini e le panzane colossali sul calciomercato.

I profughi afgani in fuga su un cargo statunitense

Una veduta dell’allestimento di «The Blue Banana» di Giuseppe Veneziano nella piazza del Duomo di Pietrasanta

Franco Fanelli, 21 ottobre 2021 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Siamo nell’era della presa di coscienza di un’arte completamente «biennalizzata» in cui, è opinione assai diffusa, la parte politica e diplomatica prevale su quella artistica

Il più giovane del nucleo storico dell’Arte Povera da oltre mezzo secolo interroga la natura per scoprire il fluido vitale dell’esistenza. E sebbene ogni tanto incappi nella ridondanza e nella grandeur, la sua opera dimostra «che arte e realtà si forgiano insieme e si appartengono sin dal principio, come lingua e pensiero viventi»

100 opere in una retrospettiva al Museo di arti decorative Accorsi-Ometto: dagli acquerelli autobiografici degli anni ’30 alle ultime carte, 70 anni di trasgressioni e di «gesti erotici» di un’artista insofferente a ogni etichetta estetica e stilistica

Il 25 ottobre di 100 anni fa nasceva l’uomo che tramutò la pittura in oggetto (e viceversa) e aprì le porte alla Pop art. Il suo impegno sociale, la sua multidisciplinarità, l’interattività e la trasversalità di alcune sue opere e la sua ricerca sul ruolo dell’immagine sono tra gli elementi che lo rendono particolarmente attuale

Banane e panzane | Franco Fanelli

Banane e panzane | Franco Fanelli