Quando, dal 1910, diventò il capofila e il teorico riconosciuto della prima stagione del Futurismo in pittura (e scultura), Umberto Boccioni (1882-1916) aveva alle spalle una decina d’anni di apprendistato. Proprio a questa sua stagione, messa in ombra dall’abbagliante (e breve) stagione futurista, guarda la mostra «Il giovane Boccioni», presentata dalla Galleria Bottegantica dall’8 ottobre al 4 dicembre.
Curata da Virginia Baradel, la mostra riunisce una sessantina di lavori (disegni, tempere, dipinti a olio, pastelli e tecniche miste) realizzati sin dal 1901 quando Boccioni vive a Roma, dove apprende da Balla la tecnica divisionista e frequenta le scuole di pittura e di nudo. Da Padova, dove raggiunge la madre e la sorella, si trasferisce a Venezia, finché nel 1907, dopo un soggiorno a Parigi e il viaggio in Russia, giunge a Milano, dove la frequentazione di Gaetano Previati imprime una svolta al suo lavoro.
Dei primi anni milanesi sono in mostra piccole vedute, paesaggi e ritratti di grande qualità, già aperti alle sperimentazioni del Divisionismo «alla Previati». Non mancano le prove precedenti né quelle della stagione simbolista (1908-10), accompagnate da lavori su carta e dalle (eccellenti) tempere commerciali con cui il giovane si sostentava.
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