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Simone Facchinetti
Leggi i suoi articoliNegli ultimi anni abbiamo assistito all’innalzamento dei valori di mercato delle «pittoresse»; alla caduta libera delle opere antiche che offendono la nostra sensibilità; alla messa al macero di tanta pittura e scultura religiosa che non trova più nessun apprezzamento in una società sempre più secolarizzata. Il gusto è cambiato e con esso il nostro modo di vedere le cose. Ma quando torneremo a un mercato più sostenibile, bio, ecologico, in una parola meno inquinato?
Da quello che si può intuire dall’apparenza delle cose molte aste della passata stagione si sono via via gonfiate di materiali preconfezionati. Le migliori occasioni per i frequentatori dei mercatini delle pulci piovono dal cielo quando il rigattiere di turno ha appena svuotato la cantina del vicino di casa. L’opera senza identità, la bella addormentata nel bosco, quella che tutti sognano di trovare, e baciare.
Se, al contrario, la faccenda è pensata a tavolino, solo per motivi speculativi, lo spettacolo diventa più banale e meno attraente. Si capisce lontano un miglio che è un’imboscata. Negli ultimi sedici mesi molti operatori del settore hanno dovuto tenere i negozi chiusi. E cosa avranno fatto in tutto questo tempo? Una delle attività predilette è stata quella di acquistare e rivendere, a stretto giro.
Data la situazione sono stati costretti a fare tutto online. Comprare in Francia e piazzare in Austria, prelevare in Germania e trasferire nel Regno Unito e così via. Una noiosa battaglia navale contro il resto del Mondo. Per carità, pur di sopravvivere, ogni manovra è legittima e, a ben vedere, anche questo cambio di passo segna la precisa temperatura di una stagione, fatta di storie di solitudine e di una generale stagnazione del mercato.
Il mercato bio impone la presenza di prodotti non raffinati, meglio se raccolti a km 0. Situazioni del genere non sono ancora completamente scomparse ma per trovarle bisogna fare molta fatica. Inoltre non è detto che in tutte le stagioni si trovi la merce fresca portata dal contadino del posto, dipende dalle tornate, non esiste una regola stabile, una garanzia, un certificato bio.
In Italia, ad esempio, questo tipo di politica è portata avanti da pochi operatori, alcuni per necessità, altri seguendo una strategia. Mi viene in mente Il Ponte a Milano (meglio la sezione di via Pitteri), oppure Pandolfini a Firenze (sempre attenta a coltivare la clientela locale) o Il Babuino a Roma.

Un'asta da Drouot a Parigi
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