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Louise Bourgeois, «Spider», 1997

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Louise Bourgeois, «Spider», 1997

Incanti in rosa

Nelle aste le artiste rappresentano soltanto l’8% del mercato, ma la rimonta è iniziata e parte dall’antico, dove le donne negli ultimi cinque anni registrano un incremento del 59% contro il 14% degli uomini

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Elena Correggia

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Servono le quote rosa anche nell’arte? Mentre il dibattito rimane aperto appare però sotto gli occhi di tutti il risveglio d’interesse per l’arte al femminile da parte di musei, fondazioni, gallerie che negli ultimi anni hanno dedicato un numero crescente di mostre di rilievo internazionale alle artiste, promuovendo l’ascesa della loro celebrità.

Nel 2018 la National Gallery fece un po’ da apripista con l’acquisto di un autoritratto di Artemisia Gentileschi per oltre 3,5 milioni di sterline (più di 4 milioni di euro) e oggi la tendenza si sta riflettendo positivamente sia sul numero di opere di donne in prestigiose collezioni istituzionali sia sulle quotazioni, tuttavia ancora inferiori in media rispetto a quelle dei colleghi uomini un po’ in tutti i periodi della storia dell’arte.

Ad alimentare i risvolti commerciali dell’onda rosa sono poi arrivate Sotheby’s e Christie’s attraverso le Women Artists Sales, finora caratterizzate da buoni risultati e da un mix di autrici note e meno note. «La scelta di proporre aste incentrate su opere di artiste non è che la conseguenza della presa di coscienza nel dibattito pubblico di temi quali la diversità e la parità di genere, dal forte impatto mediatico, afferma Domenico Filipponi, responsabile dei servizi di art advisory di Cordusio Sim.

C’è chi ritiene che, se accentuata, questa operazione possa produrre l’effetto contrario di una ghettizzazione dell’arte al femminile, mentre credo invece si tratti di una giusta opportunità offerta alle artiste meritevoli che nel corso dei secoli, e fino a poco tempo fa, hanno avuto meno chance di farsi apprezzare, per ragioni di natura sociale e culturale.

Dare per scontata la riflessione su diritti e inclusione esprime in realtà la percezione del mondo privilegiato in cui viviamo: c’è purtroppo un’ampia platea globale da sensibilizzare su argomenti sui quali anche l’arte deve lanciare un messaggio di discontinuità
. In fondo, la storia si ripete: la stessa cosa è accaduta in passato con le German Sales per valorizzare gli artisti tedeschi contemporanei e poi con le Italian Sales e proseguirà in futuro con altre categorie.

Il giudizio sulla qualità rimarrà ovviamente sempre alla base per poter fare una bella mostra o entrare nel gotha della storia dell’arte, indipendentemente dall’identità di genere. E l’eventuale effetto moda sul lungo periodo lascerà spazio a una giusta selezione e all’emersione solo dei talenti effettivi, così com’è accaduto dopo il boom dell’arte cinese
».

La necessità di dare il giusto riconoscimento a figure che sono rimaste finora nell’ombra si sposa con una evidente strategia di marketing che secondo Thierry Ehrmann, presidente e fondatore di Artmarket.com e del suo dipartimento Artrprice, «deve essere condotta con grande cura per evitare di ridurre l’arte a tipologie (le donne, gli africani, gli street artist): è necessario quindi che le artiste vengano sempre più inserite anche in importanti aste serali insieme con ogni altro tipo di celebrità».

Proprio Artprice ricorda inoltre che il fatturato d’asta generato dalle donne rappresenta solo l’8% del mercato globale dell’arte, ma prevede l’arrivo imminente di un significativo cambiamento guidato dalle generazioni più giovani. «Il recente record ottenuto a Hong Kong da Avery Singer è altamente simbolico, prosegue Ehrmann. L’artista americana non ancora 35enne ha visto un suo dipinto superare i 3 milioni di dollari (2,6 milioni di euro, Ndr) nel maggio scorso. È la prima volta che un artista (donna o uomo che sia) raggiunge una tale cifra a quell’età. Si tratta tuttavia di un esito pericoloso, dato che il mercato ha preceduto le istituzioni e ora Singer deve ricevere un riconoscimento istituzionale per favorire la stabilizzazione delle sue quotazioni».

L’operazione «incanti in rosa» sta comunque giovando al mercato di alcune artiste ricomparse dopo un lungo oblio oppure emergenti, com’è accaduto nell’asta «Women in Art», la prima del genere organizzata da Christie’s a Parigi lo scorso 16 giugno. La vendita spaziava dal XVI secolo al contemporaneo passando per tutti i generi, dai dipinti alle sculture, dai libri alle foto, dalle incisioni ai gioielli, abbinando nomi affermati come Lavinia Fontana, Tamara de Lempicka, Niki de Saint Phalle e Louise Bourgeois ad altri meno famosi come Florence Esté, paesaggista di fine Ottocento.

«In generale nei dipinti antichi abbiamo ottenuto i prezzi migliori e i maggiori incrementi che hanno testimoniato la riscoperta di queste artiste sia da parte delle istituzioni sia dei privati», afferma Alice Chevrier, junior specialist di Christie’s Parigi. Il gradino più alto del podio è stato raggiunto da Adélaïde Labille-Guiard, pittrice settecentesca il cui ritratto di «Madame Charles Mitoire con i suoi figli» ha segnato il record per un pastello dell’artista, passando di mano per 644mila euro (stima 100-150mila).

Le sperimentazioni di Sotheby’s risalgono invece già al 2019 con «The Female Triumphant», una sezione dell’asta serale di dipinti antichi che registrò cifre top per figure come Angelika Kauffmann, Fede Galizia, Elisabeth Vigée Le Brun e Giulia Lama. Nello stesso anno è stato allestito un incanto di arte contemporanea a New York, «By Women, For Tomorrow’s Women», nell’aprile scorso una vendita focalizzata sulle donne della scultura dal dopoguerra in poi e infine a maggio la prima asta che, battuta online, ha attraversato i secoli totalizzando 5,3 milioni di euro (da una stima di 3-4,2 milioni).

«Uno dei risultati di maggior spicco è stato il record di Françoise Gilot che con “Paloma à la guitare”, venduto per 1,07 milioni, ha riportato la giusta centralità sull’artista, in passato ricordata soprattutto per essere stata musa di Picasso, spiega Lisa Stevenson, esperta di arte impressionista e moderna di Sotheby’s Londra.

Negli ultimi anni alcune artiste contemporanee hanno conquistato ottime quotazioni. Ad esempio le artiste dell’Espressionismo astratto hanno toccato nuovi picchi, in parte sulla scia dell’asta della collezione “guanto bianco” di Ginny Williams da Sotheby’s New York nel giugno 2020, che ha registrato il nuovo record per Helen Frankenthaler per oltre 7 milioni e nella quale tre lavori di Joan Mitchell hanno congiuntamente raggiunto 20,2 milioni».

La Stevenson sottolinea come questo sia anche il momento delle artiste contemporanee africane con importanti esposizioni di Lynette Yiadom-Boakye e Zanele Muholi rispettivamente alla Tate Britain e alla Tate Modern e come all’apice delle classifiche degli artisti africani che hanno venduto di più ci siano tre donne: Marlene Dumas, Njideka Akunyili Crosby e Irma Stern. Il ritmo di crescita sostenuto si conferma anche in altre categorie e l’indice Sotheby’s Mei Moses rivela un incremento dei valori per le donne dell’arte antica e del XIX secolo negli ultimi 5 anni pari al 59%, mentre i prezzi degli uomini in questa categoria sono cresciuti del 14%.

«La rivalutazione delle donne nel sistema dell’arte è una tendenza già avviata da un triennio circa e accelerata dall’influenza prodotta sull’arte dal movimento internazionale #MeToo, commenta Pietro Ripa, private banker di Fideuram che ha collaborato alla stesura del report 2021 di Deloitte Private sul mercato dell’arte e dei beni da collezione.

Tuttavia, i forti incrementi generalizzati delle quotazioni delle artiste si spiegano anche alla luce del fatto che i prezzi partono ancora da livelli ben più bassi rispetto a quelli degli uomini. Senza dubbio l’arte dimostra di rispecchiare sempre più quanto accade a livello sociale su temi come la diversità. Al tempo stesso, la ricerca di nicchie di mercato ancora inesplorate, come quella dell’arte delle donne o di artisti di etnie diverse finora sottovalutati, si può leggere anche come tentativo di individuare soluzioni alternative a fronte della riduzione dell’offerta degli autori più noti, indotta dall’incerto scenario e dalla cautela diffusa rispetto a nuove modalità e canali di vendita».

Louise Bourgeois, «Spider», 1997

Njideka Akunyili Crosby, «And We Begin To Let Go», 2013

Elena Correggia, 27 luglio 2021 | © Riproduzione riservata

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