Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Simone Facchinetti
Leggi i suoi articoliMolti continuano a credere che l’arte sia un bene rifugio poiché in caso di bisogno possono facilmente trasformarla in denaro. Sì, certo, nel mondo dei sogni. Come dicono nelle più alte sfere non bisogna farsi prendere dal panico. E perché farlo se l’arte che ci circonda ci rilascia, annualmente, un tasso d’interesse «estetico» del 10%? L’esimio economista statunitense William Baumol parlava di un coefficiente minore (2%) ma trattandosi di un valore simbolico ognuno se lo può calcolare a modo proprio, tanto non ha nessun corrispettivo reale.
Guido Rossi (scomparso nel 2017), sofisticato collezionista, oltreché specialista delle dinamiche del mercato, nel suo primo editoriale pubblicato su «Il Giornale dell’Arte» del 1983 sosteneva esattamente questa tesi: l’arte non è un bene rifugio per il semplice motivo che «nessun bene acquistato a un certo prezzo sul mercato, può essere venduto a un prezzo sicuro». L’autore è tornato più volte sull’argomento, in particolare in un godibilissimo saggio contenuto in un libro Archinto scritto a quattro mani con Pier Luigi Pizzi e intitolato Quei maniaci chiamati collezionisti. Rossi definisce il mercato dell’arte un contromercato, sulla base della definizione formulata da Fernand Braudel: «Il mercato dell’arte è il regno dell’arrangiarsi e del più forte». Constata che il valore della merce è agganciato al gusto, o, più trivialmente, alla moda, che per sua stessa natura è transeunte. Infine, citando Keynes, stabilisce una relazione tra il mercato dell’arte e quelli finanziari, entrambi fondati sulle aspettative. «Mercato dell’arte e mercati finanziari sono entrambi mercati d’azzardo? Considerare le opere d’arte come un bene rifugio è un errore grossolano. Gli studi e le statistiche degli economisti lo dimostrano». Eppure Guido Rossi è stato un geniale collezionista, nonostante non credesse di investire in beni rifugio. In senso lato le opere d’arte ci danno rifugio da un mondo caotico e a tratti incomprensibile, ma questa è un’altra storia. Esistono molte opere acquistate a mille euro e vendute a 1 milione, ma bisogna tenere presente che per ogni caso di successo ne esiste uno diametralmente opposto. Se potete, godetevi il vostro 10% di coefficiente «estetico», senza farvi prendere dal panico.
Altri articoli dell'autore
La vista lunga del tiratore scelto • La merce parla, basta saperla leggere, e ciò che ha affollato la fiera di Maastricht era piuttosto loquace. Ciò che più strideva, invece, erano gli allestimenti
Un volume Electa raccoglie i contributi di argomento artistico scritti dal collezionista tra il 1956 e il 1994: «Sono costretto a indebitarmi, a fare cambi, ricorrere ai mercanti, produrre clienti per loro, cercando di contagiarne altri»
La Fondazione Zeri mette a disposizione un archivio di informazioni e fotografie per mappare le vicende di un mestiere ancora poco studiato, ricevere nuovi fondi fotografici e arricchire la comprensione del mercato dell’arte
Anche se non siamo esattamente consapevoli di ciò che possediamo, il mercato dell’arte ci aiuta a individuare il suo giusto valore. A contribuire influiscono rarità e stato di conservazione dell’opera, con qualche sorpresa imprevedibile