130 nuove opere e neotecnologie per il MaXXI

Per Bartolomeo Pietromarchi MaXXI Arte è un museo che si autogenera di continuo per tornare a «capire il mondo». E lancia MaXXI Metaverso, social space virtuale e interattivo «percorribile» a Roma e L’Aquila

La facciata del MaXXI L'Aquila nel Metaverso
Guglielmo Gigliotti |  | Roma

Da sei anni alla guida di MaXXI Arte, Bartolomeo Pietromarchi è in procinto di lanciare una nuova idea di mostra e di museo. «Quando sono entrato al MaXXI, nel 2016, l’incarico datomi dalla presidente Giovanna Melandri era chiaro: rilanciare la collezione e renderla elemento identitario dell’istituzione. Ciò si sposava con la mia idea di museo, perché si trattava di far crescere la collezione non solo in termini numerici, ma qualitativi, oltre che connetterla a una rete operativa che ne proiettava in grande e all’esterno il messaggio: dai Public program all’Educational program, al Public engagement. È così che negli ultimi sei anni oltre 130 opere sono entrate a far parte della collezione del MaXXI, anche grazie all’incremento delle risorse da parte del Ministero della Cultura. La collezione non è solo una raccolta di opere valide, ma è un racconto di artisti che sono passati al MaXXI: le opere non raccontano solo sé stesse, ma la storia dell’istituzione che le ha volute».

È questo lo spirito della prossima mostra allestimento della collezione, «What a wonderful world», aperta, sotto sua curatela, dal 26 maggio alla primavera 2023?
Sì. Alcune opere sono state prodotte per la mostra e per entrare in collezione, per altre abbiamo chiesto agli autori di intervenirvi. Questo nel rispetto di un’idea che vede l’opera non solo come oggetto isolato, ma come dispositivo generativo. Tutti i lavori sono inoltre di natura ambientale, immersiva e multidisciplinare.

È un modo anche di plasmare un museo in fieri, un museo che si autogenera anche mediante la sua collezione?
È l’idea di una collezione viva. Con opere che cercano risposte alla complessità e alle contraddizioni del nostro tempo. Mi ha ispirato la domanda di un personaggio di un romanzo di Benjamin Labatut: «Quand’è che abbiamo smesso di capire il mondo?». Abbiamo chiesto così nuovi lavori a Liliana Moro, Ed Atkins, Simon Denny, Rossella Biscotti, Jon Rafman, Paolo Ventura, Carsten Höller, Rä Di Martino e Franklin Evans. Rosa Barba e Micol Assaël integreranno con nuovi elementi opere già in collezione. Poi ci sono i lavori di Tatiana Trouvé, James Webb e Thomas Hirschhorn. In tutto quattordici artisti.
Un'installazione di Rosa Barba al MaXXI. Foto Luis Do Rosario
«What a wonderful world»: perché questo titolo?
È stato scelto non senza ironia. Ma soprattutto domandandoci: è ancora possibile proferire oggi questa frase? Noi lo facciamo. E proviamo a dare vita a nuovi mondi. È in fondo una mostra sperimentale, ad alto tasso neotecnologico. Con il centro di ricerca «HER She loves data» abbiamo messo in piedi un sistema digitale che accompagnerà e integrerà la mostra, implementando le sue potenzialità di esperienza, partecipazione e conoscenza delle opere. Attraverso un dispositivo interattivo in formato touch screen diffuso lungo il percorso della mostra, il pubblico, per la prima volta, avrà la possibilità di interagire attivamente con le opere, restituendo in forma anonima le proprie impressioni e riflessioni. Al termine del percorso, una sorta di piccolo auditorium permetterà di fruire della visualizzazione di questi dati. Tali dati verranno poi connessi a quelli che vengono dagli archivi e dalle varie sezioni del museo (da quella curatoriale alla catalogazione, alla didattica), così da determinare un ecosistema digitale relazionale che metta in rete intelligenze artificiali, blockchain, data visualization online e offline, per un’idea di museo fondato sulla partecipazione e proiettato nel futuro. Come museo siamo all’avanguardia, e tra i primi in assoluto nel mondo, nell’applicazione di queste strategie.

Quest’onda investirà anche il MaXXI L’Aquila, pure da lei diretto?
Sì, ma in modo diverso: mediante il Metaverso. Il MaXXI Metaverso è un social space virtuale e interattivo, percorribile da tutti in forma di avatar, delimitato da un lato dalla riproduzione del prospetto di Palazzo Ardinghelli, sede del MaXXI L’Aquila, dall’altro, a partire dal 25 maggio, dalla facciata del MaXXI di Zaha Hadid, come a voler azzerare le distanze. Al centro della piazza ci saranno gli accessi a opere digitali di Valentina Vetturi, Miltos Manetas e Jon Rafman. Da un punto di vista materiale, per il MaXXI L’Aquila abbiamo creato, per le nostre mostre e attività, una rete di collaborazioni territoriali che vanno dal Museo Nazionale d’Abruzzo Munda al Gran Sasso Science Institute, all’Accademia di Belle Arti L’Aquila, alla Fondazione De Marchis...

Come sintetizzerebbe questa nuova idea di MaXXI?
What a wonderful MaXXI!

Qual è stato per lei il momento più bello vissuto nel MaXXI delle meraviglie?
L’apertura di Casa Balla nel giugno 2021. Balla e il Futurismo sono parte del Dna dell’arte italiana e Casa Balla è un monumento della cultura italiana. Lì la contemporaneità trova le sue radici. Anche l’acquisizione di nuovi archivi, politica a me molto cara, ha lo scopo di definire le radici della contemporaneità: gli archivi di Incontri internazionali d’arte, di Elisabetta Catalano (per le immagini di performance), della Sound art, di Alberto Boatto, di Ugo Ferranti, e, in futuro, della Galleria Pieroni e di Luca Maria Patella. A ogni donazione segue una mostra presso l’Archive Wall al piano terreno del museo. Come dire che guardiamo al futuro, ma con la consapevolezza del passato.
Bartolomeo Pietromarchi a Casa Balla. Foto Musacchio

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