Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Alessia De Michelis
Leggi i suoi articoliUn insieme di strutture simili a padiglioni, progettato dall’architetta Hala Wardé, fa da cornice alla mostra «This Will Not End Well», allestita grazie a Roberta Tenconi e Lucia Aspesi al Pirelli HangarBicocca di Milano dall’11 ottobre al 15 febbraio 2026, in cui Nan Goldin presenta la propria produzione filmica attraverso il formato dello slideshow, che nel tempo è diventato il principale metodo del suo linguaggio visivo.
Goldin (Washington, 1953) inizia a usare questa tecnica, all’inizio degli anni Ottanta, per proiettare i primi scatti nei club e nei cinema underground di New York, accompagnati da colonne sonore da lei stessa selezionate. Una pratica che negli anni si evolve, includendo voce, video e materiali d’archivio. In questo modo documenta ambienti spesso marginali, comunità queer e momenti di vita condivisa, con uno sguardo diretto e mai distaccato.
In apertura dell’esposizione milanese, una composizione sonora del collettivo Soundwalk Collective accoglie i visitatori. Il progetto espositivo, frutto di una collaborazione internazionale (organizzato, a cura di Fredrik Liew, dal Moderna Museet di Stoccolma con il Pirelli HangarBicocca, lo Stedelijk Museum di Amsterdam, la Neue Nationalgalerie di Berlino e il Grand Palais di Parigi), offre una lettura estesa e stratificata del lavoro di un’artista che ha saputo ridefinire il confine tra biografia e rappresentazione.
Ogni lavoro occupa una struttura distinta all’interno del «villaggio» di Wardé, come se fosse un episodio a sé, e il risultato è un percorso che evita la linearità per proporre un’esperienza frammentata, in cui opere già note (come «The Ballad of Sexual Dependency», 1981-2022, «The Other Side», 1992-2021, «Memory Lost», 2019-21) dialogano con due lavori recenti, «You Never Did Anything Wrong» e «Stendhal Syndrome», entrambi del 2024, qui presentati per la prima volta in un ambito museale europeo. Il primo, una meditazione astratta sulla ciclicità della vita; il secondo, un intreccio tra mito, ritratto e storia dell’arte.
Nel Cubo, lo spazio monumentale dell’Hangar, trova posto «Sisters, Saints and Sibyls» (2004-22), che affronta il tema del trauma familiare e del suicidio, già esposto nella Chapelle de la Salpêtrière a Parigi. L’installazione viene qui riproposta in una forma fedele all’originale, compresi gli elementi scultorei, visibili da una passerella rialzata.