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Dipinti, progetti architettonici, fotografie, illustrazioni, documenti d’archivio e manifesti pubblicitari nella mostra presso il Casale di Santa Maria Nova all’interno del Parco Archeologico dell’Appia Antica
- Guglielmo Gigliotti
- 22 maggio 2024
- 00’minuti di lettura


«Ruderi di Villa dei Quintili sulla Via Appia Antica» (2024) di Francesco Jodice
La Regina viarum tra sogno e vita novecentesca
Dipinti, progetti architettonici, fotografie, illustrazioni, documenti d’archivio e manifesti pubblicitari nella mostra presso il Casale di Santa Maria Nova all’interno del Parco Archeologico dell’Appia Antica
- Guglielmo Gigliotti
- 22 maggio 2024
- 00’minuti di lettura
Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoli«L’Appia è moderna», titola l’ultima mostra sulla «Regina viarum», aperta fino al 13 ottobre presso il Casale di Santa Maria Nova, all’interno del Parco archeologico dell’Appia Antica. Che sia, sì, molto antica (2300 anni), ma anche già con una storia di modernità alle sue spalle, lo affermano i quattro curatori della mostra, Claudia Conforti, Roberto Dulio, Simone Quilici e Ilaria Sgarbozza, oltre ai numerosi interventi nel catalogo Electa. Non, quindi, solo Arcadia fuori dal tempo, idilliaca confluenza di storia, natura, arte e mito, ma anche brano di vita novecentesca, come testimoniato in mostra da dipinti, progetti architettonici, fotografie, illustrazioni, documenti d’archivio e manifesti pubblicitari.
I progetti architettonici sono quelli delle ville sull’Appia, firmati, prima del vincolo del 1965, da architetti come Marcello Piacentini, Raffaele De Vico, Enrico Del Debbio, i Busiri Vici, Luigi Moretti, Lucio Passarelli, Vincenzo Monaco e Amedeo Luccichenti.
I dipinti sono a firma di Francesco Trombadori, Vittorio Grassi, Carlo Socrate e Mimì Quilici Buzzacchi, tra gli altri. Tra le testimonianze più acute sono le vedute a carboncino di Duilio Cambellotti, che, nel 1911, per il manifesto delle celebrazioni del cinquantenario dell’Unità d’Italia, concepirà anche una folgorante lettura simbolica dell’Appia Antica. L’Appia (che fu detta antica solo al principio del ’900) figura anche in altri numerosi manifesti degli anni ’20 e ’30 in mostra. A fine ’800 venne fotografata da Mariano Fortuny, onde trarne soggetti per incisioni e tessuti, ora, per incarico dei curatori, l’ha fotografata Francesco Jodice. Tuttavia, l’opera più significativa in mostra, perché trait d’union tra Appia come sogno e Appia come vita, è il dipinto di Giulio Aristide Sartorio dell’entrata agli «Horti Galateae», dove egli stesso abitò tra il 1918 e il 1932.
All’interno di una densa trama di luci e ombre, qui l’Appia si fa tracciato non solo ideale, ma reale, vissuto nel quotidiano da chi lo contempla. Poco oltre la residenza di Sartorio, al civico numero 20, nel 1957 Emilio Villa aprì la Galleria Appia Antica, teatro delle prime mostre a Roma di Piero Manzoni, Schifano, Uncini, Mambor. Un’altra storia, questa, rispetto a Sartorio, ma che è sempre la storia dell’Appia, insieme antica e moderna.