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Olga Gambari
Leggi i suoi articoliUn centinaio di fotografie per ripercorrere la vita e la carriera del fotografo Helmut Newton (Berlino, 1920-Los Angeles, 2004), uno dei più grandi fotografi di moda, e non solo, di tutti i tempi. La mostra «Helmut Newton. Intrecci» al Filatoio di Caraglio (Cn), si concentra soprattutto su scatti realizzati negli anni Novanta per agenzie pubblicitarie e aziende di marchi prestigiosi, in particolare a Parigi e a Monaco, con immagini iconiche e altre inedite.
Cresciuto professionalmente ancora giovanissimo nello studio di Elsie Neulander Simon, fotografa berlinese specializzata in moda, ritratti e nudi, Newton nel 1938 emigrò prima a Singapore e poi in Australia a causa delle leggi razionali naziste, cambiando il suo cognome da Neustädter in Newton. Dagli anni Cinquanta si occupa di fotografia di moda, trasferendosi nel 1961 a Parigi e successivamente in California, dove morirà per un incidente automobilistico. La sua è una fotografia dallo stile impeccabile e raffinato, curatissima, con un erotismo spesso inquietante e trasgressivo, che mette al centro la figura femminile, il corpo e l’identità di modelle iconiche come Carré Otis, Nadja Auermann, Carla Bruni, Monica Bellucci ed Eva Herzigova, e di attrici e artisti tra cui anche Liz Taylor, Jodie Foster, Catherine Deneuve, Salvador Dalí e Andy Warhol. Sempre con un’ambivalenza di controversa lettura. Per alcuni Newton fu l’esaltatore della bellezza e del potere seduttivo e indipendente delle donne, del loro essere sfidanti e dominanti rispetto al pubblico che ne osserva la potenza orgogliosa dei corpi. Donne che ipnotizzano, pericolose e protagoniste della scena, che amano farsi osservare. Oggetti del desiderio distaccati e irraggiungibili, se non dall’obbiettivo di Newton. Famosi i suoi «Big Nudes», a cui dà vita negli anni Ottanta, durante una pausa nel lavoro imposta da un infarto, che lo portò a riflettere sul concetto del nudo come a una scultura in scala naturale, non solo di modelle, ma anche di persone reali, imperfette. A grandezza naturale è anche la serie «Naked and Dressed», dittici che mettono a paragone la modella nuda e vestita sempre nella stessa posizione.
Per altri, invece, il suo sguardo era quello voyeristico e feticista di un misogino che rendeva le donne oggetti ad uso e consumo dell’immaginario e dei desideri maschili, degli stereotipi erotici, secondo cliché che aveva ben conosciuto anche durante la sua collaborazione con «Playboy», oltre che in giovanissima età negli ambienti della prostituzione a Berlino. Le contraddizioni che suscitava nel pubblico erano comunque qualcosa con cui Newton amava giocare, tra critiche e idolatria da parte di celebrità del jet-set internazionale come Madonna, David Bowie e Mick Jagger, e di nomi come Gianni Versace, Yves Saint Laurent, Louis Vuitton a Chanel, mescolando il suo essere persona e personaggio. Una delle sue più note citazioni al riguardo, infatti, recita: «Bisogna sempre essere all’altezza della propria cattiva fama».
In termini di composizione e stile, il fotografo non faceva distinzioni tra fotografia editoriale e commerciale, commissionatagli direttamente dai grandi marchi. Newton si definiva ironicamente «una pistola in affitto», spiega il curatore della mostra Matthias Harder, direttore della fondazione intitolata ad Helmut Newton a Berlino. Tra le immagini, alcune realizzate da Newton per la torrefazione torinese Lavazza, altre per la casa vinicola Ca’ del Bosco, per Redwall, Absolut Vodka e Paul Picot. «Immagini inizialmente distribuite come calendari da parete esclusivi e in edizione limitata, divenute ben presto oggetto del desiderio di collezionisti e vendute a cifre da capogiro», aggiunge Harder.
Il Filatoio, via Matteotti 40, Caraglio (Cn), gio-ven 15-19, sab-dom 10-19, tel. 0171/618300, «Helmut Newton. Intrecci» fino all’1 marzo 2026
Helmut Newton, «Nadja Auermann, Blumarine, Monaco 1993». © Helmut Newton Foundation