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Mantova. A noi che siamo ormai assuefatti alle visioni vertiginose di Google Earth e a quelle, meticolose e un po’ pedanti, di Google Maps, la mostra «Il giro del mondo in 8 stanze. Un viaggio attraverso il cosmorama di Hubert Sattler (1817-1904)», a Palazzo Ducale (Castello di San Giorgio) fino al 16 settembre, sa offrire emozioni dimenticate.
Il salisburghese Hubert Sattler, pittore di grandi e minuziosi paesaggi e di vedute urbane «a volo d’uccello» (o di aerostato, nel suo caso), era figlio d’arte: il padre, Johann Michael, aveva dipinto un grande panorama della loro città, ora esposto nel Salzburg Museum, che conserva anche il corpus di 150 cosmorami di Hubert, da cui giungono quelli esposti.
Nelle otto sale della mostra, il visitatore si trasforma in una sorta di Phileas Fogg e, come nel Giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne, è condotto prima in Italia (che era ancora, allora, la terra mitica del Grand Tour) poi, sorvolando le Alpi, a Parigi e a Londra e, ancora, in Spagna. Di qui, attraversato il Mediterraneo, è trasportato in Egitto e nel Vicino Oriente, luoghi al tempo stesso reali e dello spirito in quell’800 assetato di esotismo, che nutrivano l’allora fortunatissimo gusto orientalista. Di lì si decolla per l’America, «volando» sui suoi spazi immensi e sulle sue metropoli nascenti, simbolo di modernità.
La mostra, curata da Attilio Brilli, Johannes Ramharter e Peter Assmann, direttore di Palazzo Ducale, non si limita però ai soli viaggi compiuti «per diletto», ma affronta anche il tema del viaggio di emigrazione, allora imposto dalla fame a una vera folla di europei diseredati, saldando così i temi della mostra alla nuova, drammatica attualità delle migrazioni attraverso il Mediterraneo.

Hubert Sattler, «Il Cairo», 1850
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