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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliIl direttore dei lavori Vincenzo Vandelli, la storica dell’arte Sonia Cavicchioli e il restauratore, nonché finanziatore, dell’intervento Luca Rubini non si aspettavano di ritrovare un affresco del 1626 sulla parete divisoria tra la sagrestia e l’Abbazia benedettina di San Pietro.
Il ritrovamento si è verificato durante i lavori di restauro in corso nella chiesa e l’opera, citata dalle fonti come visibile sino a fine Settecento, è stata attribuita a Bernardino Cervi (1586-1630), artista probabilmente modenese allievo di Bartolomeo Schedoni a Parma e Guido Reni a Bologna.
Dell’opera fino a oggi era visibile, su un’ampia parete ricoperta dall’intonaco steso probabilmente in età napoleonica, solo il volto di un santo inquadrato in una piccola cornice dipinta. Si è scoperto che quel volto raffigurava san Benedetto, fondatore dell’Ordine, in quanto da sotto l’intonaco è emersa l’intera figura insieme a un altro volto che viene assegnato al re dei Goti Totila.
I due personaggi sono inseriti in una raffinata architettura dipinta a trompe l’œil che «sfondava» lo spazio al tempo adiacente al cortile della Spezieria benedettina. «È stata una sorpresa, spiegano Vandelli e la Cavicchioli: la scena raffigurata è rara e ricorda che Totila per mettere alla prova Benedetto gli inviò un servo travestito nei suoi panni, ma il futuro santo lo smascherò. Il re barbaro andò quindi a inginocchiarsi davanti a lui a Montecassino».
Ora l’affresco, di cui si è persa per sempre la parte bassa, verrà messo in sicurezza, mentre per novembre è previsto un convegno di studio che lo inquadrerà nell’esiguo catalogo dell’artista emiliano.
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