Il Tesoro del Duomo di Milano conserva da tempo immemorabile due tavole finemente intagliate nell’avorio, con i volti e i simboli degli Evangelisti e numerose scene dei Vangeli, ognuna centrata da una squisita oreficeria. Insieme, esse compongono un dittico detto (come altri manufatti simili) «delle cinque parti», perché ogni valva è formata da cinque placchette d’avorio perfettamente incastrate fra loro.
Come «dittico» esse figuravano già nell’inventario del 1445 dei beni più preziosi della Cattedrale milanese, ma nel V secolo, quando furono realizzate, avevano tutt’altra funzione, essendo state concepite come coperte di evangeliario. Nel ’400, però, spiega monsignor Marco Navoni, membro del Capitolo del Duomo e neoprefetto dell’Ambrosiana, persa la memoria della loro primitiva funzione di «tabernacolo della Parola» di Cristo, cui era dunque richiesta una preziosità degna del contenuto, le due valve, vecchie di mille anni e ormai separate, non erano più riconosciute come tali ed erano utilizzate come oggetti di culto, offerte al bacio dei fedeli, come dimostra la consunzione della superficie.
Dove siano state realizzate, non si sa: in un’officina della corte imperiale di Ravenna, come ipotizzano alcuni studiosi; nella stessa Milano secondo altri; per altri ancora, a Roma. Difficile dirlo. Così come è dibattuta la datazione delle due valve (l’analisi al radiocarbonio, di cui sono appena giunti i risultati, le porrebbe al VI secolo, ma i dati stilistici le collocano nel V) e delle oreficerie che centrano ognuna di esse, una delle quali, raffigurante l’Agnello mistico (simbolo della natura umana del Cristo), è realizzata in oro quasi puro con granati incastonati in alveoli cloisonné, mentre l’altra, con la «Croce gloriosa» sulla vetta del «monte dei quattro fiumi» (il Paradiso), simbolo della natura divina di Gesù, è arricchita da zaffiri di Ceylon, granati, quarzi gialli e due perle (queste, successive).
Il restauro del dittico, realizzato, grazie a Factorit, da Franco Blumer affiancato da Laura Paola Gnaccolini e Benedetta Chiesi della Soprintendenza, che ha permesso di smontare la placca con l’Agnello mistico (impossibile farlo, invece, con la croce), ha provato che le oreficerie sono coeve agli avori, e non successive com’era stato ipotizzato, e al tempo stesso ha consentito, liberando le tue valve dalla tarda cornice lignea, di esaminarne anche il verso.
E mentre si registravano i danni prodotti dalle molte, successive manomissioni, si sono potuti eliminare i depositi di particellato atmosferico, rimuovere i depositi di colla di pesce (frutto dei calchi tratti in passato) e le macchie scure provocate probabilmente dal contatto prolungato con metalli, oltre a fissare con un collante idoneo tre dei quattro frammenti (uno è perduto) che si erano staccati dalle placchette superiori.
Anche i fori passanti della chiodatura (successiva) sono stati sigillati con perni di legno tenero facilmente rimovibili. E ora le due valve, risanate, sono collocate in cornici di plexiglas che ne consentono la migliore lettura.
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