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«Mars-Venus» (1961-63) di Robert Smithson. Cortesia Holt/Smithson Foundation e Marian Goodman Gallery. Foto: Dan Bradica. © Holt/Smithson Foundation/Licensed by Artists Rights Society, New York

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«Mars-Venus» (1961-63) di Robert Smithson. Cortesia Holt/Smithson Foundation e Marian Goodman Gallery. Foto: Dan Bradica. © Holt/Smithson Foundation/Licensed by Artists Rights Society, New York

Smithson prima della Land

All’artista americano che aveva creato la famosa Spiral Jetty è dedicata una mostra da Marian Goodman che ne ripercorre le tappe precedenti all’esperienza della Land Art

Luana De Micco

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Robert Smithson (Passaic, New Jersey, 1938-Amarillo, Texas, 1973) è stata una delle figure più rilevanti della scena artistica statunitense: scultore, teorico dell’arte, noto soprattutto come precursore della Land Art, è scomparso troppo presto, a 35 anni, in un incidente aereo, mentre lavorava alla realizzazione di un’opera monumentale nel deserto del Texas. Il suo gigantesco «Spiral Jetty», il «molo a spirale», un’installazione sulle rive del Grande Lago Salato, vicino a Rozel Point, nello Utah, è una delle opere più iconiche degli anni ’70. A Parigi, Marian Goodman Gallery, che ne rappresenta l’opera, esplora lo Smithson «prima della Land Art».

Dal 13 gennaio al 24 febbraio la galleria propone la mostra «Robert Smithson. Mundus Subterraneus», curata dall’artista e saggista Adrian Rifkin, che si concentra sulle opere grafiche dei primi anni ’60. In galleria sono visibili anche una selezione di disegni e di collage raramente mostrati, in apparenza molto distanti dai lavori successivi di Smithson, ma che rivelano legami con il pensiero complesso dell’artista e che, come viene sottolineato in una nota, «hanno gettato le basi dei suoi studi sull’entropia e la morte del modernismo». 

All’inizio della sua carriera, Smithson si dedicava principalmente alla pittura, influenzato dalla nascente Pop Art. Alla metà dei Sessanta si è confrontato con il minimalismo realizzando lavori con i neon, gli specchi e le distorsioni di immagini. È verso la fine di quegli anni che, interessandosi alla questione ambientale, comincia a considerare la terra come materiale da scolpire e monumento in sé. Elabora quindi il concetto di entropia, fondamentale nel suo lavoro, per esplorare l’ordine e il caos, la distruzione e il rinnovamento, come ricerca di equilibrio tra gli opposti. 
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Nei disegni esposti «motociclisti vestiti di pelle, città in rovina, fotografie di film, libri occulti e scene erotiche si scontrano con i riferimenti ai dogmi della storia dell’arte, al cattolicesimo e al totalitarismo», scrive ancora la galleria. Tra le opere esposte, il collage «Paris in the Spring», del 1963, in cui figurano La Tour Eiffel, un angelo con gli occhiali scuri a forma di cuore, un dinosauro e strumenti vari racchiusi in una vignetta, e «Mars-Venus», del 1961-63, in cui, accanto ad una scena satirica della dea in calze e giarrettiera e del dio seminudo, figurano un orsacchiotto, un molare e un album di Johnny Mathis. È allestita anche la gouache «Hands Stigmata», del 1961, che rivela la dimensione sacrale e mistica del lavoro di Smithson.

Luana De Micco, 11 gennaio 2024 | © Riproduzione riservata

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Smithson prima della Land | Luana De Micco

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