Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliNel luglio 2021 il Comitato del Patrimonio Mondiale Unesco approvava a Fuzhou, in Cina, l’ampliamento della «Core Zone» di Firenze verso l’area collinare a sud-est del centro storico, includendo il complesso della Basilica romanica di San Miniato al Monte e l’area circostante fino a ricongiungersi alla perimetrazione originale approvata nel 1982, costituita dall’area interna al circuito dei viali ottocenteschi. All’origine del nuovo perimetro ci sono le tracce delle mura cinquecentesche che univano in Oltrarno il complesso fortificato di San Miniato al Monte all’originaria cerchia trecentesca, e che identificano un’area caratterizzata da un patrimonio culturale e ambientale la cui straordinaria continuità paesaggistica è dovuta anche alla presenza di una costellazione di grandi giardini storici, pubblici e privati. Un’area peraltro geologicamente fragile, tanto che le Rampe del Poggi nascono come bastioni di contenimento della franosa collina di San Miniato. Sull’antistante collina di Montecuccoli, che ospita i Giardini Boboli e Bardini con il «lucchetto» apicale del Forte di Belvedere, il Canto delle Rovinate ricorda invece le devastanti frane del Borgo Pitiglioso.
«La fascia a ridosso della trecentesca cinta muraria arnolfiana era rimasta poco costruita, come ci mostrano la Veduta della Catena o quella bellissima ma poco nota della Galleria Sabauda di Torino, che alla fine del ’400 ritrae da Bellosguardo Palazzo Pitti e la collina di Boboli, ben prima dunque dell’acquisto da parte di Cosimo de’ Medici ed Eleonora di Toledo», afferma Giorgio Galletti, ex direttore dell’Ufficio Ville, Parchi e Giardini della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Firenze, e ora docente a contratto della Facoltà di Architettura di Firenze e paesaggista presso la Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron. «C’erano ovviamente alcuni borghi, come le attuali Via Romana e Via dei Serragli, che costituivano estensioni in pianura della città verso Roma e la Via Senese. La collina di Boboli, a parte il nucleo originario di Palazzo Pitti, non era però edificata, tanto che dietro il palazzo c’era la cava di pietra con cui lo stesso palazzo era stato costruito ma non ancora terminato. L’elemento fondamentale è però la presenza di acqua, necessaria ai giardini, con sorgenti come quella della Ginevra che, insieme all’acquedotto di San Leonardo, alimenta Boboli. Il primo insediamento significativo sono i Palazzi Mozzi, poi Mozzi-Bardini, voluti dall’abbiente famiglia dei Mozzi che istituisce il primo nucleo di abitazione signorile in Oltrarno, descritta nei documenti di fine XIII secolo come casa con orto e stufa, cioè bagni.
Grande importanza assume poi il Bastione della Ritirata, interno alla trecentesca cinta muraria arnolfiana, tuttora leggibile dalla sommità della collina di Montecuccoli fino al Giardino Torrigiani, passando per il giardino di Annalena. Si tratta di un bastione fatto costruire da Cosimo I su progetto di Giovan Battista Belluzzi, detto il Sanmarino, prima dell’acquisto di Boboli, essendo l’acqua fondamentale anche per l’architettura militare. Della Ritirata scrive anche Bruce Edelstein nel suo recente volume Eleonora di Toledo and the Creation of the Boboli Gardens, edito da Sillabe. Sembra infatti che la prosecuzione dei bastioni michelangioleschi di San Miniato sia stata consigliata dal padre della duchessa, Don Pedro di Toledo, insieme al Forte di Belvedere, come elemento difensivo contro le stesse rivolte fiorentine. Nel corso del tempo lungo le mura, tra Porta San Miniato e Porta San Giorgio, si vengono a creare orti di proprietà di altre importanti famiglie, mentre le alterne vicende dei Mozzi consentono a Gian Francesco Manadori, all’inizio del Seicento, di comperare la piccola villa su Costa San Giorgio, ampliata e trasformata in Villa Manadora (o del Belvedere) su progetto di Gherardo Silvani. Con lo sviluppo del giardino di Palazzo Vegni si crea così il nucleo originario del sistema paesaggistico attuale, come si vede molto bene anche nella veduta seicentesca di Valerio Spada. Verso Bellosguardo, invece, l’asse barocco di Poggio Imperiale-Poggio Baroncelli è una creazione di Giulio Parigi, in un’area in cui, verso Pian dei Giullari, sono tuttora evidenti le tracce del paesaggio storico di matrice medievale». Il sistema paesaggistico dell’Oltrarno testimonia del resto in modo emblematico anche il passaggio dalla dimensione privata a quella pubblica della fruizione estetica della «vista», come ben testimoniano a Montecuccoli il Forte di San Giorgio e Villa Bardini (ex Manadora), sul Colle di San Miniato le ottocentesche sistemazioni di Giuseppe Poggi: le Rampe, Piazzale Michelangelo, il Giardino delle Rose, il Viale dei Colli, il Parco del Bobolino. «All’epoca di Firenze Capitale, il Piano Poggi crea un sistema di circolazione periferica e di collegamento in cui il paesaggio storico che si era stratificato fino all’epoca lorenese diventa oggetto di contemplazione», precisa Galletti.
«Fondamentale appare la vista dalle Rampe, che trasforma in icona il Forte con il tratto superstite di mura trecentesche. Nell’ambito, infatti, di una demolizione della cerchia muraria che gli viene espressamente richiesta dal Comune, quel tratto rimane come immagine cristallizzata della Firenze medievale. La Parigi di Haussmann non è però l’unico influsso riconoscibile nel suo progetto. Poggi doveva infatti conoscere anche l’opera del paesaggista statunitense Frederick Olmsted, da cui può avere acquisito l’idea di benessere collettivo propria della “passeggiata”. Olmsted aveva trasformato questo concetto di origine illuminista in un’occasione per riportare la natura in città, come si vede molto bene nel suo capolavoro, la Emerald Necklace di Boston. A differenza di Haussmann, Olmsted cerca un’integrazione con la città esistente non dissimile dal dialogo che nel Viale dei Colli, a parte il taglio di Via San Leonardo e quello della scalinata del Monte alle Croci che perde la sua continuità anche devozionale, Poggi cerca con la città storica, utilizzando peraltro un linguaggio neocinquecentesco che si riallaccia alla tradizione manierista delle grotte, delle cascate, del bugnato. Capolavoro del Poggi è il Parco di Bobolino, alle spalle di Boboli, in cui crea un sistema di curve, tra cui quella straordinaria di Viale Machiavelli, con viste differenziate sulla città storica. Si tratta di una passeggiata eclettica di gusto vittoriano, con una collezione di piante esotiche ad alto fusto che costituisce un vero e proprio arboreto botanico. È stato invece distrutto il grande parco di divertimenti ottocentesco del Tivoli».
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