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Quando nacque la boutique di massa

D’Annunzio ribattezzò profeticamente «la Rinascente» i Grandi Magazzini Bocconi: dopo un incendio, risorsero all’ombra del Duomo, portando in Italia un nuovo modello commerciale. Una mostra ne festeggia l’imminente centenario

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Cento anni fa Gabriele D’Annunzio creava per Senatore Borletti, fresco proprietario dei Grandi Magazzini Bocconi, il nome davvero «immaginifico», oltre che profetico, di «la Rinascente». I grandi magazzini sarebbero, infatti, rinati per ben due volte: la prima quando Senatore Borletti li rilanciò, alla fine del 1918; poi, dopo l’incendio che li devastò appena inaugurati, quando si riaprirono nel 1921, più moderni e lussuosi, nel palazzo accanto al Duomo dove tuttora si trovano.
 
Ispirata ai magazzini francesi «Le Bon Marché», la Rinascente portò in Italia un nuovo modello di distribuzione e di consumo da un lato, di comunicazione dall’altro, che avrebbe generato un forte impulso di modernità non solo nell’economia ma anche nel costume e nel gusto dell’intero Paese, là dove si aprivano le sue numerose filiali.


Dal 24 maggio al 24 settembre la Rinascente festeggia l’anniversario con una grande mostra a Palazzo Reale, curata da Sandrina Bandera e Maria Canella, con Associazione Culturale Memoria&Progetto, e con l’allestimento di OMA/AMO (Rem Koolhaas). Ordinata come un ideale grande magazzino, la mostra «lR 100. Rinascente. Stories of Innovation» (catalogo Skira) si presenta come una sorta di archivio multimediale e si articola in più sezioni, in cui si affrontano i temi che ne hanno modellato l’identità e che più fortemente hanno inciso sulla società per la loro carica d’innovazione: dopo la storia di questi grandi magazzini, fondati dai Bocconi nel 1865, ecco la cartellonistica di Rinascente, con la presenza precoce e duratura di Marcello Dudovich; i cataloghi e gli house organ, non semplici riviste promozionali ma propulsori di una nuova cultura visiva; la nuova comunicazione e grafica degli anni Cinquanta-Settanta; gli allestimenti innovativi e gli eventi; i nuovi consumi; la moda, con la rivoluzione del prêt-à-porter; il Centro Design Rinascente e l’istituzione lungimirante del «Compasso d’Oro», il più autorevole premio mondiale per il design, promosso proprio da Rinascente (1954-64). Fino alla proiezione verso il futuro. 


La stessa lungimiranza guidò la scelta dei collaboratori, da subito di prim’ordine: Max Huber, Lora Lamm, Bruno Munari, Giò Ponti, Mario Bellini, Grazia Varisco, Massimo Campigli e Lucio Fontana.


Un’importante sezione della mostra, curata da Sandrina Bandera, prende in esame proprio le arti visive, con una sessantina di opere: oltre a Campigli (che decorò per la Rinascente l’entrata di via San Raffaele con un grande mosaico) e Lucio Fontana, autore nel 1954 delle decorazioni ceramiche per il bar dei magazzini Jelmolo in Svizzera, sfilano lavori di Fortunato Depero, Andy Warhol, Mimmo Rotella, Piero Manzoni, Joseph Beuys, Emilio Isgrò, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto e altri, tutti impegnati qui a riflettere sulla nuova società dei consumi.
 

Ada Masoero, 18 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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