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Olga Scotto di Vettimo
Leggi i suoi articoliUna personale di Luigi Mainolfi (Rotondi, Avellino, 1948), intitolata «Il colore della Scultura la forma della Pittura» e aperta fino al 22 maggio nella Galleria Paola Verrengia a cura di Lea Mattarella, si inscrive in quel serrato dialogo che l’artista campano, da tempo trapiantato a Torino, ha sempre sviluppato con la scultura.
Interessato al rapporto tra la «pelle» della scultura e il suo volume, Mainolfi lavora le superfici, assecondando la vocazione stessa della materia utilizzata.
La scultura è intesa come un corpo organico in continua trasformazione, come elemento di interazione, che modifica uno spazio piuttosto che semplicemente inserirsi in esso.
A Salerno l’autore presenta una serie di opere in terracotta rosse e verdi e la serie delle «Polveri», tele su cui lavora con la polvere di terracotta.
L’installazione che si propaga con un volume cubico posto a terra e quelle allestite come una grande quadreria denunciano sempre un pensiero fortemente plastico: «La scultura, afferma Mainolfi, è la forma del mondo e dei miei pensieri. La mia scultura è, poi, la mia esperienza, la mia esigenza, il mio muovermi e correre. Il mio volare, il mio peso e il mio segno. È corpo della mia anima, il carattere e il volume del mio credo».
Le opere in mostra quasi tutte di recente produzione, introducono nella visione del mondo di Mainolfi, attraverso lavori fatti di polveri e di materie vibranti, di «pelle» in continua trasformazione.
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