Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliIn un lucido saggio degli anni Cinquanta, riproposto più di recente come prefazione a un’edizione italiana di Etruscan Places di David Herbert Lawrence (Nuova Immagine Editrice, Siena), il «rifondatore» degli studi etruscologici Massimo Pallottino ha osservato: «C’è una Etruria degli studiosi e una Etruria dei letterati le cui tradizioni corrono per due vie divergenti», auspicando che le due vie si ricongiungano dovendo la scienza: «riconoscere ancora una volta il suo debito alla poesia».
Martina Piperno ha percorso la seconda via, quella verso la quale va riconosciuto il debito, e ha preso in esame la letteratura italiana del Novecento, con alcuni dei suoi protagonisti: Gabriele D’Annunzio, Vincenzo Cardarelli, Alberto Savinio, Carlo Levi, Giorgio Bassani per fare qualche nome. In realtà è andata più indietro nel tempo sino all’Ottocento, seguendo le tracce di una riflessione del poeta inglese Byron che presenta Dante Alighieri, come uno dei «tre grandi Etruschi», insieme a Petrarca e Boccaccio.
Una suggestione che venne ripresa da Giosue Carducci, il quale, nella lirica Avanti! Avanti!, inserita in Giambi ed Epodi (1872), scrisse di Dante come di un «etrusco pontefice redivivo». Una «etruscità» dell’autore della Divina Commedia che ritorna nel romanzo Forse che sì forse che no (1910) di D’Annunzio. Leggendo l’interessante saggio ci si rende conto con una certa sorpresa di quanto il mondo etrusco e italico, nella sua alterità e arcaicità, abbia saputo parlare agli scrittori e ai poeti contemporanei rappresentando una realtà differente e intrigante rispetto a quella greca e romana.
Un qualcosa di simile a quello accaduto nel mondo dell’arte tra Otto e Novecento, quando guardare con attenzione alla produzione artistica etrusca sembrò sufficiente per rompere la dittatura di quella greco-romana e delle accademie. Per inciso Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani inizia nella necropoli etrusca di Cerveteri.
L’antichità «crudele». Etruschi e Italici nella letteratura italiana del Novecento,
di Martina Piperno, 163 pp., Carocci Editore, Roma 2020, € 19
Petrarca, Boccaccio e Dante, i «tre grandi Etruschi» secondo Byron
Altri articoli dell'autore
Tra gli studiosi si fa largo l’ipotesi di una scuola medica legata all’area sacra: notevole la quantità di ex voto, alcuni dei quali veri e propri modelli anatomici. Il cinquecentesco Palazzo dell’Arcipretura, acquisito dal Mic, sarà dedicato alle scoperte nel sito
Il centenario del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana istituito l’11 dicembre 1925 offre l’occasione per il Santo Padre di riflettere sull’importanza della disciplina, sul suo significato profondo e sulle sfide che deve affrontare l’archeologo
Al Ministero della Cultura è stato presentato il frammento in marmo della fanciulla dal caratteristico sorriso arcaico e dalla «luce mediterranea»
Dopo la tappa berlinese lo straordinario deposito votivo etrusco-romano approda all’Archeologico della gloriosa colonia romana



