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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliCon Matilda di Canossa (1046-1115), la grancontessa sotto la cui residenza l’imperatore Enrico IV restò in lunga attesa (1077), inginocchiato col capo cosparso di cenere e a piedi nudi nella neve per implorare il perdono del papa Gregorio VII, Michelangelo Buonarroti vantava, come si legge nella Vita scritta da Ascanio Condivi (1553), legami di parentela, tanto da convincerne perfino il conte Alessandro di Canossa che, in una lettera del 1520, si rivolge all’artista come «parente honorando».
Non è un caso dunque che sia proprio Casa Buonarroti a dedicare, fino al 10 ottobre, una mostra al ruolo e alla fama in Italia di quella donna illuminata: «Matilda di Canossa, la donna che mutò il corso della storia», a cura di Michèle K. Spike, è organizzata in occasione del nono centenario della morte di Matilde in collaborazione con il Muscarelle Museum of Art of the College of William & Mary in Williamsburg.
Attraverso documenti, carteggi, quali la lettera prima citata proveniente dalla British Library, miniature, oreficerie (come la Croce astile in oro, cristalli e gemme dal Museo Civico di Modena) e sculture da Wiligelmo a Bernini, si chiarisce come la corte di Matilda, che richiamò teologi, giuristi, clerici e almeno un poeta, fu anche una fiorente officina di produzione artistica. D’altronde Matilda si era formata a Firenze, dove visse dagli otto ai ventidue anni, e fece edificare nel 1078 la «cerchia antica» delle mura ricordate da Dante; ed è forse lei a guidare il poeta nella Divina Commedia, come testimoniano in mostra la copia trecentesca del poema e l’edizione ottocentesca illustrata di Gustave Doré.
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