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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliAl Museo Marino Marini la prima personale italiana di Rayyane Tabet
Il potere della memoria, anche quella legata ai ricordi più infantili, è quanto l’artista libanese Rayyane Tabet (1983) va indagando dal 2006 in un progetto che arriva al Museo Marino Marini (fino al 31 luglio) al suo quinto capitolo dopo i precedenti, commissionati e prodotti da importanti istituzioni internazionali, quali il New Museum o il Centre Pompidou. Si tratta di «Five Distant Memories» (The Suitcase, The Room, The Toys, The Boat and Maradona)». La mostra, a cura di Leonardo Bigazzi e realizzata con il supporto di Regione Toscana e Oac-Ente Cassa di Risparmio di Firenze, è la prima personale in Italia dell’artista libanese e si intitola «La mano de Dios» ovvero quella con cui Maradona segnò il gol contro l’Inghilterra nei quarti di finale del Mondiale del 1986: ma il ricordo di Tabet bambino (all’epoca aveva tre anni) si situa nel periodo in cui a Beirut c’era la guerra civile e l’entusiasmo del cronista radiofonico fu tale da voler annunciare il gol con le sirene usate per l’allarme dei bombardamenti.
La partita, a quattro anni dalla guerra delle Falklands, passò infatti alla storia come una vittoria degli argentini contro gli inglesi. Nella cripta del museo 40 tonnellate di cemento rimandano al bunker usato dalla famiglia dell’artista durante la guerra in Libano e la parte di materiale in eccesso, una volta invaso in altezza tutto lo spazio, si riconfigura in elementi scultorei, mentre al centro è posta la radio (nella foto). Pur essendo quindi formalmente e concettualmente legato ai precedenti capitoli della serie, l’intervento stabilisce un preciso legame con il luogo, usato, durante la seconda guerra mondiale, come rifugio durante i bombardamenti aerei.
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