Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliIl Ponte, a cura di Arabella Natalini e fino all’8 aprile (catalogo Gli Ori), allestisce opere realizzate da Alfredo Pirri (1957) tra il 2014 e il 2015. Sono i «Kindertotenlieder», già presenti in piccola parte in una recente personale da Eduardo Secci, sempre a Firenze, ma che ora sono invece l’oggetto specifico dell’esposizione.
Il titolo del ciclo è ispirato ai Lieder composti da Gustav Mahler, a partire dalle liriche che Friedrich Rückert aveva dedicato ai propri figli scomparsi. Pirri restituisce quegli spunti in modo evocativo, senza darne una connotazione nostalgica, ma esprimendo piuttosto un senso di vitale apertura, un germogliare di forme, sfondamenti spazio-temporali, svolti in un linguaggio sempre molto coerente e riconoscibile.
Le opere dell’artista cosentino, romano d’adozione, spesso giocate sull’uso del bianco, pur nell’astrazione e nella forte eleganza spinta fino alla rarefazione, non sono mai algide, anzi «accolgono» lo spettatore, mentre colori fluorescenti creano un riverbero luminoso sulle superfici che rende la pittura tridimensionale.
Persino la cornice è un elemento essenziale perché nella sua funzione di «chiudere» l’opera rifrange invece il colore, dilatandola. Così anche le lastre in cristallo, colorate direttamente (e impercettibilmente) in pasta, suggeriscono presenze ineffabili. «In Pirri è sempre presente questo gioco di chiusura e apertura, sottolinea la Natalini, e anche se non dipinge mai opere figurative, di fatto inanella una narrazione che corre da un’opera all’altra. Senza usare l’espressione “installazione” possiamo però dire che la mostra al Ponte deve esser letta come un ambiente unitario, un insieme di opere dialoganti strettamente l’una con l’altra, alcune poste alle pareti, altre che poggiano su tavolini a ricreare il senso di un ambiente domestico».
Altri articoli dell'autore
La Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze ha riunito circa 150 opere provenienti da oltre 60 tra musei e collezioni private riuscendo a «ricomporre pale smembrate dall’epoca napoleonica grazie a prestiti eccezionali»
Mentre a fine settembre inaugura la grande mostra su Beato Angelico, il direttore generale del museo fiorentino anticipa in esclusiva a «Il Giornale dell’Arte» l’esposizione che la prossima primavera sarà dedicata al rapporto dell’artista americano con la città
Resta l’amarezza di notare che Firenze, a differenza di altre città europee, pur avendo vantato nel Rinascimento un primato nell’architettura, non abbia oggi una visione complessiva della contemporaneità
Il restauro ha riportato in luce sotto una ridipintura scura i vivaci colori di una delle icone più celebri e venerate nel Medioevo in quanto ritenuta il ritratto di Cristo, da oltre mille anni nella Cattedrale di Lucca