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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliL’opera fotografica di Nobuyoshi Araki non si limita ai celebri scatti erotici del bondage giapponese, le regole ancestrali del Kinbaku le cui origini risalgono al XV secolo: donne con le mani e i piedi legati, i corpi nudi, i seni strizzati tra le corde, in posizioni di sottomissione, tra ossessione e sensualità. La retrospettiva che al noto fotografo (nato a Tokyo nel 1940) dedica fino al 5 settembre il tempio parigino delle arti asiatiche, il Musée Guimet, ripercorre cinquanta anni di carriera, dal 1965 a oggi, dalle prime serie «Teatro dell’amore» fino a opere inedite, tra cui l’ultima, del 2016, realizzata appositamente per il museo, «Tokyo Tombeau».
La mostra, attraverso più di 400 scatti e in un percorso cronologico, affronta tutte le tematiche care ad Araki, il desiderio e l’erotismo, con il ciclo dei fiori, le vedute della città di Tokyo, la morte, l’evocazione costante di elementi autobiografici, in particolare la relazione con la moglie Yoko, con le serie del viaggio «sentimentale» di nozze del 1971 e il viaggio «d’inverno» del 1990, anno della morte di lei. L’aspetto più originale della mostra è che il museo ricrea anche lo spazio intimo dell’atelier, laboratorio di idee, del fotografo, per il quale «la fotografia è innanzi tutto un mezzo per esistere».
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