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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliIl recentemente restaurato «Ritratto di Carlo III cacciatore», opera di Goya del 1786, è protagonista dell’esposizione temporanea con cui fino al 19 marzo il Prado commemora il terzo centenario della nascita di Carlo III (1716-88), monarca illuminato e figura decisiva per lo sviluppo dell’arte spagnola.
L’opera è esposta per la prima volta accanto al ritratto del re che Anton Raphael Mengs realizzò più di vent’anni prima. Con «Carlo III cacciatore di Francisco de Goya. Relazioni e divergenze» il museo vuole offrire al pubblico la possibilità di comprovare che il ritratto di Goya fu dipinto dal vero e non rifacendosi a quello di Mengs come si riteneva: la precisione e la varietà delle pennellate, le sfumature di colore e le trasparenze che trasmettono con forza la personalità del re confermano che fu dipinto dal vivo, anche se senza dubbio Goya conosceva l’opera di Mengs. «Oltre a contribuire alle mostre celebrative con importanti prestiti, il Prado ha voluto rendere il proprio omaggio al monarca che ne ordinò la costruzione», ha dichiarato Miguel Zugaza, direttore uscente del museo (cfr. lo scorso numero, p. 31).
Insieme ai due ritratti sono esposte quattro medaglie, che documentano l’evoluzione dell’effigie dinastica e un gruppo di sette dipinti e due stampe che mostrano il monarca dall’infanzia fino al ritratto di Goya, passando per la rappresentazione ufficiale di Mengs. Considerato una copia al suo arrivo al museo nel 1847, «Carlo III cacciatore» fu attribuito a Goya nel 1900, ma fino a oggi non ha goduto della considerazione dovuta. La pulizia delle pitture ossidate ha rivelato un quadro di qualità eccezionale in perfette condizioni. Con la rappresentazione del re cacciatore, Goya mette in relazione Carlo III con i suoi predecessori della Casa d’Austria, in particolare con Filippo IV, l’infante don Fernando e il principe Baltasar Carlos immortalatati da Velázquez nelle vesti di cacciatori. L’inedito naturalismo e il paesaggio aspro che non lascia spazio a convenzionalismi aprono la strada a una nuova interpretazione dell’aristocrazia, a tre anni dalla Rivoluzione Francese.
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