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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliDal 14 luglio al 20 settembre la mostra «Trame di potere» al Kunsthistorisches Museum illustra come l’arazzo (certamente nato come strumento di protezione dal freddo e divenuto poi «l’illustrazione preziosa» delle pareti) sia stato testimonianza di ricchezza, potere ed esclusività raggiungendo l’apice artistico fra il XV e il XVI secolo, fino a quando non fu sostituito nei favori delle ricche committenze dall’affresco, pur non perdendo fino a tutto il XVIII secolo il suo fascino decorativo e celebrativo. In mostra sono presentati 14 arazzi della prima metà del Cinquecento (di norma non esposti al pubblico per ragioni di conservazione), simbolici dello splendore dei loro committenti, degli artisti, delle botteghe che li realizzarono e delle corti che li esibirono. Agli artisti e manifatture delle Fiandre, e di Bruxelles in particolare, va il primato di queste opere, spesso di vastissime dimensioni. Artisti specializzati come Barend van Orley, Pieter Coecke van Aelst (nella foto, particolare da «Le storie di Vertumno e Pomona dalle “Metamorfosi” di Ovidio», cartone del 1544 ca, manifattura di Bruxelles fra il 1548 e il 1557), Michiel Coxcie e Jan Corneliszoon Vermeyen crearono i cartoni per questi veri monumenti tessili i cui committenti furono i più fastosi fra i personaggi dell’epoca. In prima fila gli Asburgo, il più appassionato dei quali fu l’imperatore Carlo V (1500-58), che dalle terre borgognone ne diffuse la moda in Spagna e nell’Impero tedesco. Spaziando fra argomenti mitologici («Le dodici fatiche di Ercole» e le Metamorfosi di Ovidio), astrologici (i dodici mesi), storici («L’assedio di Carlo V alla berbera Tunisi» o le gesta del conquistador Don João de Castro), araldici (gli elaboratissimi stemmi asburgici), religiosi (le virtù e i vizi oppure «La vita di san Paolo»), la mostra si conclude con l’opera contemporanea di due artiste che hanno scelto questo antico mezzo espressivo: Margret Eicher e Nives Widauer.
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