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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliMirella Guasti è una scultrice schiva e raffinata che per lungo tempo ha rifiutato di realizzare opere in bronzo, ritenendola una tecnica troppo commerciale in virtù della possibilità di fondere più esemplari. La conversione è avvenuta all’età di 70 anni, quando ha deciso di recuperare un procedimento complesso caduto in disuso con la diffusione della plastilina. L’artista, nata a Milano nel 1933, realizza i suoi modelli in rete metallica, poi li ricopre di piccole garze e infine di kriptonite, uno stucco ferroso la cui lenta essiccazione le permette di plasmare e trasfigurare le forme ottenendo singolari effetti materici. Così, negli anni Duemila, ha dato vita a figure femminili esili, allungate, eteree ed eleganti, a corpi dalla sensualità innocente. Questa produzione è documentata dalla mostra «Mirella Guasti e il Novecento» curata da Alan ed Estemio Serri ed esposta nelle due sedi di Capri della Galleria Cinquantasei (Nabis ed Epoché) dall’11 luglio al 30 agosto. Le sculture della Guasti, insieme ad alcuni disegni preparatori, sono messe a confronto con le opere di colleghi vicini per stile e poetica (nella foto, «Un fiore», particolare, 2015). Tra queste le osmosi di Malipiero del 2010, collage in cui sono sovrapposti diversi ideali di bellezza come la Gioconda e Audrey Hepburn; «Figura femminile» di Mario Sironi del 1928, un ritratto dalle linee essenziali attraversato da una forte tensione verticale; la «Venere del Brenta» di Francesco Messina, un bronzo d’inizio anni Novanta, e, ancora, lavori di Rabarama, Luigi Pellanda, Ottone Rosai e altri. Sette sculture di Miriella Guasti sono inoltre collocate in due percorsi turistici nelle strade della città.
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