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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliOtto anni: tanto è durata l’assenza «per malattia» del «Compianto sul Cristo morto». «Imperdibile, potente e monumentale», come l’ha definita Sgarbi, l’opera ha fatto ritorno al paese dopo un complesso intervento di consolidamento e pulitura realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Il gruppo scultoreo, originariamente policromo, scolpito in calcare organogeno nella prima metà del Trecento dal Maestro di Sant’Anastasia, alias Rigino di Enrico, soffriva da quando la sua collocazione era stata cambiata. Mutilate in passato le figure della parte inferiore del corpo, dalla nicchia sul retro dell’altare maggiore della Chiesa del Santo Sepolcro del Cimitero di Caprino era stato trasferito infatti nel 1980, per ragioni di sicurezza, nel Museo Civico Comunale di Villa Carlotti, dove ora è tornato.
Un primo restauro era stato operato allora a cura della Soprintendenza di Verona. Lo shock climatico, oltre al terremoto del 2012, avevano però procurato «fessurazioni e rotture di varia entità e un processo diffuso di decoesione del materiale che si sfaldava al solo tatto». La scena rappresenta la deposizione nel sepolcro di Cristo attorniato da sei dolenti a grandezza naturale: san Giuseppe d’Arimatea, la Madonna, san Giovanni, Nicodemo, Maria di Magdala e Maria di Cleofa.
Il gruppo scultoreo, «punto chiave nella storia dell’arte internazionale», come ha detto lo storico dell’arte Costantino d’Orazio, è stato recentemente oggetto di un convegno in cui ne è stata evidenziata la forza emotiva, «la più potente immagine del Cristo prima del Compianto di Niccolò dell’Arca», ha detto ancora Sgarbi.

Il «Compianto sul Cristo morto» del Maestro di Sant’Anastasia
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