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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliIn occasione dell’anno culturale Messico-Germania, fino al 7 agosto il Martin-Gropius-Bau di Berlino propone la mostra «I Maya. Il linguaggio della bellezza», che con circa 300 opere, tra cui molti capolavori nazionali messicani, illustra un aspetto fondamentale dell’arte preispanica: la ricerca espressiva sulla figura umana.
I Maya hanno trasmesso la loro visione della vita e la relazione con il divino nella vita quotidiana e negli scritti, astronomia, musica e danze ed espressione artistica, soprattutto scultorea e architettonica sviluppata con varietà di tecniche e materiali. Domina l’idealizzazione della figura umana, su cui i Maya fondavano non solo la loro immagine e il loro ideale di bellezza ma anche ruolo e posizione dell’uomo nel Cosmo. In mostra opere per lo più provenienti dallo Yucatán e datate fra 500 a.C. e 1500 d.C..
In una cultura fortemente condizionata da riti religiosi talora violenti mirati a placare divinità altrettanto dure, il corpo umano, offerta precipua agli dèi, è il nucleo della ricerca della bellezza ideale dei Maya che ne hanno fatto una sorta di «tela», strumento espressivo suscettibile di ogni tipo di manipolazione: acconciature, colore della pelle, tatuaggi, cicatrici ornamentali, pietre preziose inserite nella dentatura fino all’alterazione artificiale della forma del cranio come espressione visibile di identità culturale e status sociale.
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